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Il quarto appuntamento del Corso di formazione per la Vita consacrata “Educare all’amore cristiano”, si è svolto sabato 22 marzo, presso la sede della Facoltà teologica settentrionale. Fr. Roberto Pasolini, frate cappuccino recentemente nominato predicatore della Casa Pontificia, si è soffermato sulla relazione maschile e femminile nella Vita Consacrata

Prosegue il cammino formativo proposto per questo anno e sabato scorso, 22 marzo, fr. Roberto Pasolini, frate cappuccino recentemente nominato predicatore della Casa Pontificia, si è soffermato sul ruolo del maschile e femminile nella Vita Consacrata.

Nella prima parte della sua riflessione, si è soffermato sul libro della Genesi, con una attenzione, in particolare, a Gn 1, 15-17; 26-28; Gn 2, 15-25. Nella seconda, invece, ha fatto luce su alcune delle sfide culturali ed ecclesiali che la relazione maschile e femminile pone oggi alla Chiesa e, in particolare, alla Vita Consacrata dell’Arcidiocesi.

A partire da Gn 1, 27, fr. Pasolini ha spiegato come l’essere creati a immagine e somiglianza di Dio rimanda a una relazione di prossimità a Dio.

“La relazione tra l’ ādām e Dio è una relazione di similitudine e questo dono porta con sé una responsabilità”, ha affermato fr. Pasolini sottolineando come “noi siamo molto simili a Dio e il tratto di somiglianza che siamo chiamati ad acquisire ha a che fare con la differenza maschile e femminile”.

Successivamente, la riflessione ha messo in luce alcune caratteristiche del concetto di “dominio” a partire dal secondo capitolo del libro della Genesi.

“La parola dominio potrebbe suggerire una idea di forza, come se l’altro fosse qualcuno da arginare e colpire, ma questo non è l’atteggiamento di Dio”, ha ricordato fr. Pasolini. “Dio si mostra come il dominatore della realtà nella mitezza e chiede all’uomo di partecipare a questo dominio nel segno della fiducia e della libertà data all’altro. La relazione che Dio istituisce tra maschio e femmina è la stessa che Dio ha con la creazione e riflette la legge che governa la vita della Trinità.”

La creazione dell’essere umano e la sua connotazione come maschile e femminile sono dunque immediatamente legate alla capacità di porre un freno al proprio dominio e al proprio bisogno di controllo.

Durante la mattinata, ci si è inoltre soffermati sul significato del primo comando che l’uomo riceve da Dio: quello di crescere. Il maschile e il femminile sono infatti dentro una relazione di complementarietà che porta con sé una promessa di fecondità.

Diventa sempre più urgente interrogarsi su questa promessa di fecondità e su come si traduca in un vero e proprio stile di vita.

Lo studio dei testi proposti diventa invito ad allargare la vita. “Agli occhi di Dio, il maschile e il femminile esistono per allargare gli spazi della vita”, ha spiegato fr. Pasolini sottolineando l’importanza di questo per i consacrati.

È stato inoltre sottolineato come l’essere umano sia invitato da Dio ad accettare di non conoscere tutto e acconsentire al limite (Gn 2, 24). L’alterità ci è infatti donata come aiuto dal pericolo di rimanere soli: gli esseri umani hanno bisogno di aprirsi ad uno sguardo che stia alla stessa altezza per accogliere ed essere accolti, consapevoli che l’origine dell’altro rimane sconosciuta.

Nella seconda parte della mattinata, fr. Pasolini ha orientato la riflessione verso alcune delle sfide culturali ed ecclesiali che la relazione maschile e femminile pone oggi alla Chiesa e, in particolare, alla Vita Consacrata dell’Arcidiocesi.

“Nella Chiesa si nota la linea di articolazione tra maschile e femminile, ma diventa sempre più urgente domandarci come manifestare che il maschile e il femminile possono essere fecondi insieme.”

Per concludere, sono stati presentati tre doni che scaturiscono da una scelta di consacrazione che sgorga dalla fede nella Resurrezione di Cristo: la gratuità, la libertà e la fecondità.

È bene domandarsi se la Vita Consacrata aiuta a maturare nella gratuità; se il consacrato e la consacrata, vedendo la Pasqua di Cristo, diventano sempre più liberi; e se, dentro e fuori dalla comunità, l’essere in relazione di alterità rende davvero fecondi.

Ai presenti è stato proposto di continuare i lavori a partire da due domande:

Alla luce del racconto biblico, come rileggi oggi il modo di assumere la tua umanità e la tua differenza sessuale?

La tua forma di vita consacrata ti aiuta a vivere la tua differenza sessuale come apertura all’altro? Quale difficoltà sperimenti?