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«Nella prigione della malattia, l’amicizia è come una porta che si apre». L’arcivescovo Delpini nella XXIX Giornata del Malato

Milano, 11 febbraio 2021 – «Nella città delle apparenze, nella città delle solitudini, nella città degli scarti, nella città dei potenti si diffonde oggi come una musica lieta il cantico di Maria» «che contempla quello che vale e se ne rallegra». «Non l’efficienza, la capacità di fare, di fare bene, di fare in fretta». Nemmeno «la ricchezza, il poter fare, andare, comprare, mostrare i segni di quanto uno possiede». Nemmeno «il potere, quello di dare valore o toglierlo a una persona, a un gruppo, a una iniziativa». «Maria rivela che ciò che rende superbi e prepotenti è destinato a finire nel niente. Quello che vale, quello che realmente conta, quello che dà veri motivi per cantare è lo sguardo di Dio, è l’opera di Dio, è la benedizione di Dio». Sono alcuni passaggi dell’omelia che l’Arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha pronunciato oggi pomeriggio celebrando la Messa nella Basilica di Santa Maria di Lourdes a Milano, nella XXIX Giornata mondiale del Malato.

Questa mattina l’Arcivescovo ha invece presieduto la liturgia della Parola al Santuario diocesano “Beato don Carlo Gnocchi”, in un’iniziativa promossa dall’Ufficio diocesano per la Pastorale della Salute: «Un malato è come una persona imprigionata: ha bisogno dell’amicizia come dell’aria – ha detto mons. Delpini rivolgendosi agli ammalati -. L’incontro con una persona amica è come una porta che si apre su un sentiero promettente: il malato non può forse andare molto lontano, ma sa che c’è un sentiero. Un giorno forse potrà correre in libertà».

«Nei giorni (o anni?) dell’ingiusta detenzione – ha aggiunto l’Arcivescovo – capita che si riconosca una porta che non si è mai notata prima. È la porta da cui entra il pastore: entra e chiama a seguirlo. Entra e pronuncia il nome proprio del prigioniero. Entra e rivolge il suo sguardo che legge nell’anima. Entra e ascolta le domande. Anche chi non l’ha mai visto, anche chi se ne è dimenticato, anche chi non ci ha mai pensato riconosce la voce che aspettava, accoglie l’invito che desiderava, si commuove per una attenzione che sospirava senza ritenerla possibile».

In allegato:

  • La meditazione pronunciata durante la Liturgia della Parola al Don Gnocchi
  • L’omelia per la Messa nella Basilica di Santa Maria di Lourdes

 

Stefano Femminis
Responsabile Ufficio Comunicazioni sociali