Ricordando il viaggio dell’Arcivescovo
Don Alberto Galimberti e don Enzo Zago, nostri Fidei Donum in Albania, oltre a rievocare le tappe della visita dell’Arcivescovo, ci mostrano lo straordinario cammino di fede che i testimoni, alcuni tra loro martiri, hanno tracciato nel cuore dei cristiani dell’Albania.
Visita in Albania. Un ricordo ancora vivo.
La visita dell’Arcivescovo in Albania avvenuta nel dicembre scorso è stato un momento significativo per noi Fidei Donum della Diocesi di Milano e per le comunità parrocchiali e diocesane in cui siamo inseriti. Abbiamo avuto la gioia di condividere alcuni giorni con il vescovo e di raccontargli qualcosa della nostra esperienza missionaria in Albania, per me in fase iniziale, per don Enzo l’esperienza e più che decennale. L’Arcivescovo ha potuto incontrare le comunità di Blinisht e Gjader della Diocesi di Sapa nella loro vita ordinaria e ha incontrato alcune realtà significative di attenzione alle diverse fragilità gestite da comunità religiose nella Amministrazione Apostolica di Valona. Sia A Sapa sia a Valona ha poi incontrato preti, religiosi, religiose e collaboratori pastorali offrendo alcune riflessioni sulla sinodalità e sull’evangelizzazione. La visita ha lasciato il segno e il ricordo è ancora vivo.
Visitando l’Albania l’Arcivescovo ha incontrato una terra di martiri. Infatti il regime comunista che ha governato l’Albania dal 1945 al 1990, nel suo ideale antireligioso ha cercato di estirpare la fede dal popolo albanese in modo particolarmente spietato. La persecuzione è stata feroce, preti, religiosi e suore sono stati incarcerarti e uccisi, le chiese sono state distrutte, ma la testimonianza fedele ed eroica di questi martiri risplende nella storia dell’Albania e della chiesa intera. La fede cristiana, seppure nel nascondimento, attraverso piccoli gesti e semplici preghiere recitate in famiglia, è sopravvissuta in questo periodo buio, pronta a rifiorire all’arrivo dei missionari alla caduta del regime.
Particolarmente significativi per le nostre comunità sono i gesuiti Padre Daniel Dajani, nativo di Blinisht e Padre Giovanni Fausti (italiano), il primo rettore e insegnante nel Seminario di Scutari, il secondo vice provinciale dei Gesuiti in Albania. Entrambi furono incarcerati, torturati, processati e infine uccisi il 4 marzo del 1946 nel cimitero di Scutari. Erano solo gli inizi di un periodo di repressione di ogni fede e di ogni idealità diversa da quella del regime che sarebbe durato 45 anni. Al beato Daniel Dajani è dedicata la nostra missione e lo ricordiamo ogni anno il 4 marzo, giorno del suo martirio. Il mese dei martiri missionari per noi in Albania si apre con il ricordo del beato Daniel Dajani a cui affidiamo le fragili speranze di crescita di questo popolo e il cammino della chiesa albanese che dopo l’entusiasmo del nuovo inizio vive la fatica e la gioia di testimoniare il Vangelo in questo tempo complicato.
Il sud dell’Albania, durante il regime comunista, non ha vissuto la tragedia del nord (dove la fede cristiano-cattolica si era radicata e sviluppata grazie alla presenza dei francescani, dei gesuiti, dei sacerdoti e laici diocesani: il nord era il centro religioso, vitale, culturale dei cattolici. E quindi andavano, appunto, estirpati). Qui nel sud i credenti di fede cristiano-ortodossa e mussulmana erano più tollerati, perché maggiormente tolleranti del regime. Possiamo, però, sottolineare due aspetti importanti per la fioritura della fede cristiano-cattolica in questo sud:
1) Sono pochissime le testimonianze fino al martirio, ma qui al sud sono state costruite diverse carceri detentive degli oppositori politici o religiosi al regime. Tra queste il carcere di Tepelene. Nella Pasqua del 1952 cinque sacerdoti lì rinchiusi hanno celebrato l’eucaristia pasquale, tra lo stupore dei carcerieri. A 70 anni da quel fatto, le comunità del sud si troveranno presso questo carcere per celebrare la Via Crucis e per accogliere la testimonianza degli ultimi testimoni di allora. Un momento importante, anche per dare radici alla fede.
2) Le nostre piccole comunità sono formate da giovani e adulti convertiti, soprattutto dall’Islam Bektashita. Non di rado, soprattutto nei villaggi più dispersi, le prime ad essere cercate e coinvolte sono le donne sposate del nord con uomini del sud e qui abitanti. Una fede, la loro, nascosta e custodita nell’intimo della coscienza per anni e anni, che gioisce nel momento dell’incontro con i missionari e del coinvolgimento nelle piccole comunità. La visita di Mons Mario ad alcune nostre realtà ha dato loro lo stupore di essere amati anche da lontano e di essere parte di una chiesa che ha cura anche dei più piccoli.
don Alberto Galimberti e don Enzo Zago
Oltre alle parole di don Alberto e don Enzo, proponiamo due testimonianze su come è nata la fede in Gesù: nel cuore di una persona (La storia della conversione di Maria raccontata dalle sorelle Carmelitane del Carmelo di Nenshat) e nel formarsi di una comunità (Siate seme di Vangelo in questa terra testimonianza di sr. Micaela, suora della Piccola Famiglia dell’Assunta di Berat).
Non sono esperienze che accadono solo in Albania, ma ascoltarle ci aiuta ancora di più a comprendere come sia lo Spirito Santo ad agire per sentieri che ci sorprendono. E questo fa molto bene alla nostra vita perché tengono accesa la Speranza.