Almanacco liturgico Il Santo del giorno Il Vangelo di oggi Agenda dell'Arcivescovo

Noi abbiamo conosciuto l’amore che Dio ha per noi, e vi abbiamo creduto. Dio è amore; e chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui (I Giovanni 4,16)

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Cara amica, caro amico,

viviamo il tempo dell’inquietudine, percependolo però come la  sfida che il discernimento cristiano accoglie da generazioni  per comprendere se, al di là  delle tragedie che l’umanità sa causare, sia possibile far risuonare  una risposta profetica  che apra una via al rinnovamento profondo e vitale del significato della storia.  Esiste ancora uno splendore nascosto nel mondo che ci è dato da abitare? E’ una domanda che preme con urgenza sul cuore credente, soprattutto quando l’orizzonte si profila coperto di nubi. Per accostarci al domani è necessario abitare le nostre inquietudini, ascoltarle, attraversare le asperità dell’oggi senza fuggirle, senza temere le contraddizioni dei sentimenti, mai dimenticando che si può sempre agire per offrire anche solo una minima riparazione a ciò che si è frantumato.

Non lasciamo che  il senso di paura e di impotenza soffochino l’amore e la compassione di cui Dio colma  i nostri giorni. Essere amate, amati per poter amare: è questo tesoro che dobbiamo riportare alla luce. Oltre l’oscenità della violenza, oltre l’ingiustizia di politiche economiche che speculano sulla fame, sulla libertà, sui morti di ogni guerra, il Natale annuncia che  al fondo della vita, anche la più tragica, c’è Vita. C’è quell’Amore che ci amati prima che sapessimo cos’è l’amore. Riscoprirci amate e amati da Dio ci dà la forza e il coraggio per crescere verso una piena umanità. Desideriamo ancora ridare vita alla vita ricercandone il senso più profondo e la sua verità?

Il Natale di Gesù, che torna ad incontrarci, diventa il luogo in cui rispondere a questa domanda,  rinnovandosi l’occasione per conoscere ciò che, oscurato dall’incertezza e dalla sofferenza, non riusciamo a vedere: la possibile nascita di una nuova umanità, l’inizio del nuovo tempo  che svela la vicinanza di Dio.

Un Dio disarmato, povero,  eppure onnipotente  in virtù della sua inarrestabile  passione per l’essere umano. La passione che colma la distanza  tra cielo e terra, che travalica i confini delle nazioni, che parla ogni lingua risuonante sul pianeta.

Questo amore è donato  per  essere vissuto  nella comunione, per sanare le nostre ferite così da poter sanare le ferite di ogni altro essere umano. Questo amore ci è dato affinché sia  nella nostra libera disponibilità poterlo restituire come chiese, come città, come cittadine e cittadini della globalità.

Il Natale, fenditura di luce nella tenebra, è tutto questo e tanto di più dal momento che affida proprio a noi la cura della capacità trasformativa di questo amore, dell’amore che innerva  le dinamiche pacifiche tra persone, popoli ed ogni essere vivente del mondo. Un dono, una grazia, un impegno affinché il Regno venga a colmare l’orizzonte di ogni sguardo. Permettiamo al Natale di parlarci, non liquidiamolo con cinismo e sfiducia.

Condivisione, sostegno e speranza, si propongono come ottima ripartenza per  ritrovare in  noi stessi il dono divino della pienezza del nostro esistere. Vivere il Natale significa decidere di lasciare ancora spazio alla Realtà, antica e sempre nuova, che ci incontra non per condannare ma per rialzare e orientare ogni passo nel giusto cammino.

Nelle inquietudini, nelle prove e nel desiderio di rinascere, l’essere umano può scegliere se ascoltare o meno  la richiesta di Dio che chiede di venire accolto.

“C’è una crepa in ogni cosa, ed è da lì che entra luce” (L. Cohen).

Ogni ferita può diventare la dimora che ospita la Luce. La Luce splende per ridare Vita alla vita. Questa è  la meraviglia della Natività che è contenuta nel progetto stesso di Dio: riparare l’umanità ridandole dignità e vita.

CCCM
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