Seconda sessione del percorso «Dal dialogo sociale all’amore politico». L'incontro del 25 gennaio promuove una cultura della cura come trasformazione sociale. Con esperti e testimonianze, esplorerà reti di solidarietà, dialogo e innovazione per affrontare fragilità, coinvolgendo famiglie, istituzioni e il Terzo Settore
Responsabile del Servizio per la Pastorale Sociale e il Lavoro
Una mattinata per “immaginare, progettare e accompagnare le nuove reti della cura”, ma anche un’occasione per approfondire il dialogo sociale che porta all’amore “politico”, un amore che si esprime nell’importanza dei piccoli gesti quotidiani e in grandi strategie che incoraggiano una cultura della cura capace di permeare tutta la società.
Il percorso socio-politico proposto dalla Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Milano, dal titolo «Dal dialogo sociale all’amore politico», vuole, in una delle sue tappe, mettere al centro la questione oggi tanto importante della cura delle fragilità e dei suoi processi di rete, perché ai problemi sociali si risponde con reti sociali. L’incontro è aperto a tutti coloro che desiderano partecipare alla costruzione del bene comune. In particolare, è rivolto a operatori e responsabili dei servizi sociali e sociosanitari, a professionisti e rappresentanti delle associazioni di categoria, agli uffici diocesani di Pastorale familiare, sociale e del lavoro, ai volontari che a diverso titolo si occupano del bene comune e di altre realtà del Terzo settore e dell’associazionismo orientato ai servizi di prossimità, a membri di movimenti laicali e congregazioni religiose impegnati nel campo della cura e della promozione sociale.
L’incontro verte sull’importanza delle relazioni di cura, che si sviluppano non solo nelle famiglie ma anche negli ambienti della cooperazione, nel terzo settore, nel volontariato e nella vita pubblica e civile. È necessario sperimentare e promuovere nuove forme di cura che non siano esclusivamente riconducibili all’accudimento o all’assistenza professionale medicalizzata. La nuova via che si apre è quella di fare della cura un principio di trasformazione sociale, sperimentando nuove forme di vivere insieme e pratiche di alleanza informale tra generazioni, culture, istituzioni e corpi sociali. Durante l’incontro, si ascolteranno importanti contributi da parte di esperti e operatori del settore. Tra questi, Emanuele Vendramini, docente dell’Università Cattolica, fornirà una riflessione sull’importanza dell’approccio sociale integrato nella cura delle fragilità; Marco Magri, vicepresidente Coop medici base Cosma; Raffaella Ferrari, Direttore del Dipartimento Programmazione Integrazione Socio-Sanitaria dell’ATS Milano, approfondirà il tema dell’integrazione dei servizi sociosanitari; Rosetta Battista, Presidente ACLI-COLF Milano, parlerà dell’importanza del lavoro domestico e delle sfide legate alla cura in ambito familiare e sociale; Fausto Rizzi, Direttore della Fondazione Aquilone Onlus, condividerà esperienze concrete nel campo della cura delle persone vulnerabili; Antonello Bolis, Direttore della Cura e Riabilitazione della Coop. Soc., racconterà la testimonianza del proprio lavoro di cura al servizio del territorio e delle famiglie.
Facciamo nostro l’invito di Papa Francesco a costruire una cultura della cura, che vada oltre i singoli gesti, per abbracciare un impegno collettivo che coinvolga ogni aspetto della vita sociale. Le diverse emergenze sanitarie e ambientali ci hanno sollecitato a prenderci cura gli uni degli altri, non solo nelle famiglie e nei luoghi di lavoro, ma anche al di fuori di questi. Allo stesso tempo, questa esperienza ci ha mostrato l’importanza di continuare a costruire una vera rete di solidarietà, partendo dalle diverse realtà del territorio, per fare della cura non solo un atto di assistenza, ma una vera e propria istanza di trasformazione sociale. Creare luoghi di dialogo “sereno” è fondamentale per approfondire le questioni che oggi la realtà ci pone, coinvolgendo esperienze che operano in diversi ambiti: dal lavoro professionale alla ricerca universitaria, dal volontariato alla cooperazione sociale.
L’obiettivo è avviare processi per una vera etica della cura, mettendo in relazione le esperienze concrete che si occupano della cura delle fragilità nel nostro territorio e individuando le connessioni che le uniscono, la ragione dell’unità rispetto alla frammentarietà, la ragione della speranza rispetto alla paura, la ragione della prossimità rispetto all’egoismo. Ascoltare anche solo alcune delle tante e significative buone pratiche nel campo della cura presenti nel nostro territorio ci aiuterà a maturare e incoraggiare una cultura della cura che vada oltre il semplice gesto di assistenza, diventando un’esperienza che trasforma il mondo Per questo però è necessario mettersi insieme e dialogare, mettendo al centro la persona e il bene comune. I luoghi della cura, infatti, sono prima di tutto quelli dell’ordinario, quelli della vita quotidiana. È in questi luoghi che le persone, che possiamo definire “normali”, ma soprattutto i poveri e coloro che sono scartati dalla società, sperimentano nuovi modelli di vita. È lì che si mettono in relazione, creando nuovi contesti di innovazione. È lì che si prova a trasformare dal basso, semplicemente stando insieme, nuovi modi di vivere, nuovi modi di sperimentare la vicinanza, nuove forme di vivere insieme. È lì che si creano alleanze informali, ad esempio tra generazioni. In questo senso, anche le comunità cristiane possono giocare un ruolo determinante nel favorire l’agire collaborativo e la costruzione di una vera cultura della cura.