Itinerario per diventare cristiani
1. L’itinerario per diventare cristiani non è un corso, né coinvolge solo gli aspetti catechistici; si compie un itinerario educativo quando cambia qualcosa nella persona e nella vita, si acquisiscono abilità di fare in modo nuovo le cose di ogni giorno. E siccome si tratta di approdare a una “vita nuova”, non basta la buona volontà per convertirsi: occorre il “dono dall’alto”. In definitiva è in gioco una nuova identità che l’individuo acquisisce.
2. Nel cammino catecumenale bisogna porre i fondamenti, cominciando da capo, mettendo al centro dell’itinerario la persona del catecumeno . Si tratta di partire dalla situazione concreta dell’individuo (la famiglia da cui proviene, il suo ambiente culturale, i motivi delle sue scelte …) per costruire su misura un abito nuovo, che è l’identità cristiana, così come la Parola di Dio ce la descrive e il recente magistero della Chiesa ce la propone. Cominciare da capo significa non dare nulla per scontato, ma percorrere passo passo il cammino proposto, introducendo al senso di ogni cosa; significa anche porre attenzione alle tematiche più importanti, senza perdersi nei dettagli o negli aspetti secondali; significa infine radicare l’annuncio nella sensibilità e nelle attese del catecumeno, abilitandolo a dare una risposta consapevole e matura. Porre il fondamento significa soprattutto mettere al centro dell’itinerario Cristo annunciato e creduto, celebrato e vissuto.
3. Il cammino è progressivo e graduale: la Parola di Dio e l’esperienza della conversione ci inducono a credere che non si può fare tutto subito. Ci sono delle priorità da rispettare: il dialogo iniziale sulle motivazioni, la figura centrale di Cristo, l’ascolto della Parola, la scelta di aderire inserendosi nella comunità cristiana, il cambiamento progressivo della vita e infine la piena partecipazione al corpo di Cristo nell’Eucaristia. Poiché la S. Messa è il culmine del cammino catecumenale, non è necessario chiedere al catecumeno come prima cosa la partecipazione all’Eucarestia domenicale. Prima bisogna chiedere altre cose, vale a dire la disponibilità all’ascolto della Parola, la capacità di confrontarsi a cuore aperto con coloro che sono stati scelti come guide del cammino, un’introduzione alla dimensione della preghiera personale e comunitaria. E non si può andare avanti se prima non si maturano i passi precedenti, proprio per evitare di costruire dei cristiani “traballanti” come un edificio non ben equilibrato: cristiani che sanno tutto, ma non agiscono di conseguenza; che vengono a Messa ma non partecipano alla comunità; che pregano ma non amano Cristo.
4. A qualsiasi punto del cammino, ci si sente liberi e senza scadenze precostituite: tutto dipende dalla grazia di Dio e dalla risposta dell’uomo; se essa tarda a venire, si rimanda. Non si deve forzare nessuno. Ogni volta si deve avere l’impressione che si è liberi di tornare indietro, o al contrario di essere accolti secondo un iter più veloce. Non si impone un lungo tempo di attesa per essere torturati o messi alla prova. Non si rimanda nel tempo per il gusto di far aspettare una cosa desiderata… ma soltanto perché il tempo rende liberi di decidere, il tempo fa radicare sentimenti e convinzioni, il tempo permette di chiarire situazioni ingarbugliate, il tempo è necessario per maturare atteggiamenti e comportamenti.
5. Non è cammino di iniziazione se non si appoggia e non introduce ad una comunità visibile e concreta. Non si diventa cristiani da soli e non si vive da cristiani isolati. Iniziare a Cristo è nel contempo iniziare alla Chiesa, corpo di Cristo. Il problema della evangelizzazione e della formazione cristiana nel nostro tempo è condizionato proprio dalla vita delle nostre comunità: potranno le nostre parrocchie diventare luoghi di accoglienza, testimoni di carità, immagine visibile di Cristo vivo in mezzo a noi? Luoghi di testimonianza e di celebrazioni autentiche, luoghi di fede e di speranza?