Deceduta il 13 febbraio 2011, a Rho
Giuliana (Milano, 24 gennaio 1956 – Rho 13 febbraio 2011) citava spesso una frase del suo papà: “Con quel carattere, avresti potuto fare solo la suora o la brigatista”.
E infatti ben presto aveva intrapreso la strada della dedizione totale al Signore, ricevendo la Consecratio virginum nel 1986 nell’ambito dell’Associazione di Consacrate dell’Ordo Virginum denominata “Sorelle della Parrocchia”, che vivono in piccole comunità e, mantenendosi con il loro lavoro, si dedicano a una diaconia pastorale nelle parrocchie della Diocesi.
Questo servizio parrocchiale l’aveva poi continuato vivendo in comunità con Anna Rosa Bellocchio e rimanendo a collaborare per quasi dodici anni nella Comunità parrocchiale di S. Pietro a Rho, dove fu celebrato il suo funerale. Per tratteggiare la sua figura riprendiamo alcuni passaggi dell’omelia del parroco:
Giuliana “noi l’abbiamo conosciuta e apprezzata! Un carattere deciso e fermo, che traspariva nelle sue battaglie e persino nei suoi sfoghi… una personalità forte e complessa…
Innanzitutto una donna, con la sua femminilità e sensibilità, con una precisa visione e percezione del mondo. E poi una consacrata che ha vissuto con premura e delicatezza la sua maternità spirituale nei confronti dei piccoli e dei ragazzi – un’attenzione quotidiana, fedele e costante che si è concretizzata anche nella cura dei particolari dagli spazi e ai tempi dell’oratorio – e poi in modo generoso verso tutte le famiglie.
Una sollecitudine che ha mostrato anche verso il mondo della scuola, verso i suoi studenti e i colleghi.
Una credente tutta d’un pezzo, una consacrata al suo Signore e alla sua Chiesa, che ha amato […] e a cui è rimasta fedele anche quando la sua vocazione ha intrapreso un cammino inaspettato. Per certi tratti ‘profeta’, nel senso che non si è mai accontentata di ciò che vedeva nel presente, ma ha sempre cercato di scorgervi i segni di un futuro, distinguendo quello su cui si doveva perseverare da quello ancora da realizzare o da quanto si doveva invece cambiare.
Giuliana ha vissuto ‘imprigionata’ per otto anni dalla sua malattia… Non ho mai sentito parole o accuse contro il Signore, solo quelle di un’umanità che non capisce, ma al contempo si affida; solo un ‘ho paura, ho tanta paura’. È la stessa paura sperimentata da Gesù nel Getsemani.
Ora ha la visione di quel Regno dove non c’è più sofferenza, ma solo pienezza, davanti il suo Signore che l’ha presa per mano; è nella Gerusalemme celeste, quella Chiesa nella forma più bella e grande di quella che ha amato, servito, cercato di capire e di migliorare. Proprio attraverso la sua azione pastorale, e la sua generosa dedizione verso le persone che ha ascoltato, consolato, consigliato, incoraggiato e sanato, lei ha mostrato i frutti dell’azione di grazia del Vangelo”.