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Questo libro di meditazione nasce dal corso di Esercizi spirituali predicati da monsignor Erio Castellucci, arcivescovo abate di Modena-Nonantola, in occasione della proposta “Tempo in disparte” a cura della Formazione Permanete del Clero

Da qualche anno la diocesi di Milano propone, verso la fine dell’estate, un’iniziativa destinata ai presbiteri che all’inizio del nuovo anno pastorale cambieranno la loro destinazione, affrontando le fatiche e le opportunità di un trasferimento. Questa iniziativa ha preso il nome di “Tempo in disparte” (cfr. Mc 6,31: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’»), intendendo alludere a un invito a concedersi un tempo di riposo e di riflessione per gustare con calma l’intimità con il Signore e vivere con meno affanno e maggior consapevolezza il tempo del cambiamento. L’iniziativa si dispiega su due settimane, interrotte da una breve pausa, nella prima delle quali i presbiteri sono invitati a partecipare a un corso di esercizi spirituali.

Nell’agosto 2017 fu monsignor Erio Castellucci a offrire le meditazioni di questi esercizi, che pubblichiamo ora in questo volume. Le meditazioni si “sorseggiano” piacevolmente, grazie al linguaggio sciolto e familiare, vivace, “leggero” e colloquiale, mai superficiale.

Monsignor Castellucci non propone l’esegesi di brani della Scrittura, ma è evidente la sua capacità di me ersi in ascolto e di interrogare il testo biblico da angolature originali, dischiudendo significati inattesi, scoprendo perle preziose e tesori nascosti.

Il discorso, pur scorrevole e accessibile, è innervato da un robusto pensiero, patrimonio di un vescovo che è stato docente di teologia e che rimane autorevole teologo; e, insieme, affiora una viva sensibilità per il profilo dell’esperienza spirituale del presbitero, in particolare per la spiritualità del prete diocesano, della cui elaborazione approfondita si avverte un urgente bisogno.

La conoscenza della storia e dell’evoluzione del ministero ordinato consente a don Erio di evidenziare le intuizioni originarie che hanno dato vita alle diverse espressioni del sacerdozio consacrato e le ragioni storiche che ne hanno appannato l’evidenza e, infine, le modalità attraverso le quali quelle intuizioni possono essere riportate in piena luce.

Risalta il carattere “diaconale” e “familiare” del ministero ordinato, sottolineato dalle pagine del Nuovo Testamento, il quale abbandona il linguaggio sacrale del sacerdozio ebraico e pagano – che sottolineava la dignità, il potere, il rango – per utilizzare un linguaggio di provenienza “laica”, che esprime l’idea del servizio.

Ne emerge in ne una figura di ministero persuasiva e attraente perché non è eroica e nemmeno furba, non intende “spaccare il mondo” e nemmeno si accontenta di “stare al mondo”, non si lascia compatire per la sua tragicità e neppure ammicca da dietro la sua astuzia navigata. È una figura semplice, della semplicità evangelica, non sfigurata dall’ansia e non anestetizzata da un ingenuo ottimismo, così da custodire la via alla vera gioia del ministero. Essa prende dimora nella cordiale umanità del presbitero, volentieri disposto a collaborare alla gioia dei fratelli.

Questo prete non è solo: tra le pieghe delle meditazioni dell’arcivescovo di Modena non è difficile notare l’attenzione al presbiterio, la cura di collocare sempre il presbitero dentro una fraternità nel ministero, sulla quale Castellucci posa uno sguardo realistico e però non privo di speranza.

Si staglia infine una figura di Chiesa, strutturata secondo le direttive del Vaticano II attorno ai principi di sinodalità e di corresponsabilità tra presbiteri, autorevoli “fratelli maggiori”, diaconi, esperti nel servizio, laici e consacrati e i diversi ministeri che animano la comunità cristiana, nel comune riferimento alla paternità del vescovo, sulla base del sacerdozio battesimale che fa del popolo di Dio in quanto tale il soggetto della missione della Chiesa.