L’ultima sessione del Consiglio presbiterale diocesano è stata dedicata al rapporto tra le celebrazioni e la trasmissione della fede. Sottolineata l’importanza della formazione del “popolo di Dio” e della qualità di gesti e parole di chi presiede
La decima sessione del XII mandato del Consiglio presbiterale diocesano – tenutasi presso il Centro pastorale di Seveso tra lunedì 2 e martedì 3 dicembre – ha avuto per oggetto di discussione «La trasmissione della fede nella celebrazione liturgica». A seguito della consultazione delle Fraternità decanali del clero avvenuta tra ottobre e novembre, il documento preparatorio servito ai consiglieri per elaborare le mozioni da proporre all’Arcivescovo si distingueva in due sezioni: la prima riguardante «La formazione liturgica del popolo di Dio» e la seconda «L’ars celebrandi del presbitero e del diacono».
Rispetto alla prima parte, una prima sottosezione si occupava della relazione dinamica fra partecipazione attiva, piena e consapevole. Tra le linee principali emerse nelle Fraternità decanali emergeva la necessità di un Gruppo liturgico che educhi la comunità parrocchiale o pastorale a incontrare il Mistero e di una formazione liturgica degli operatori pastorali (catechiste/i su tutti): Tra gli altri elementi rilevati: dare valore a un “ministero dell’accoglienza”; Insistere sul rieducare al canto liturgico, attivando strumenti per sostenerlo e valorizzando i percorsi di formazione diocesani già presenti; educare ai “silenzi” nella liturgia; avviare sperimentazioni significative (celebrazioni per giovani, preghiere dei fedeli spontanee, ringraziamento post comunione); toccare la dimensione affettiva ed emotiva delle persone, come già avviene in celebrazioni per gruppi e momenti particolari (scout, campeggi, ritiri, comunità neocatecumenali, ecc), nelle quali si realizza il dettato conciliare su una partecipazione piena, consapevole, attiva, ma soprattutto di fede e fraterna. Occorre tradurre tutto questo in contesti ordinari.
Una seconda sottosezione si occupava di spiegare, esercitare e approfondire il linguaggio della liturgia. Il documento suggeriva diverse polarità presenti: è bene educare la gente al linguaggio liturgico o fare in modo che le celebrazioni liturgiche parlino il linguaggio della gente di oggi? Evidenziare il potere e il valore dei segni, oppure usare parole e gesti che non sono più eloquenti (per assenza di sensibilità, perdita di grammatica liturgica, “antichità” del linguaggio)? Curare il “bello” o rassegnarsi all’assenza di laici disponibili e poche forze in campo (soprattutto celebrazioni feriali)? Riguardo all’Iniziazione cristiana, si è constatato come sempre più i bambini partecipano se “precettati”: sarebbe quindi opportuno avviare sperimentazioni, ripensare un catechismo “attorno alla Messa”, valorizzare il cammino celebrativo proposto dal percorso Con Te! (materiali online). Da ultimo si proponeva di valorizzare le celebrazioni liturgiche di sacramenti e sacramentali e la celebrazione della Liturgia delle Ore con il popolo.
La seconda parte relativa all’ars celebrandi rimarcava come chi presiede è determinante per la qualità della celebrazione: va percepito come una persona che crede e prega e occorre che emerga il legame fra celebrazione e vita/umanità di chi presiede. Si è messo in guardia dal rischio e dalla tentazione del protagonismo (al centro c’è Gesù Cristo) e si è insistito sulla cura dell’omelia, anche attraverso la preghiera e il lavoro comune fra presbiteri (spesso per i fedeli è il punto di partenza per valutare una celebrazione: forse perché è l’unica parte che intercetta la vita? Allora gli altri gesti non dicono niente?). Infine è emersa la necessità di formare il clero agli attuali testi liturgici e alla “teologia della liturgia”, e non alle semplici rubriche.
Dopo un primo scambio assembleare, divisi in tre gruppi, i presbiteri si sono confrontati relativamente ai temi di queste tre sezioni del documento, così da presentare, in serata, alcune mozioni che potessero aprire alcuni cammini sottolineando attenzioni prioritarie necessarie per l’oggi e proponendo indirizzi da seguire.
La seconda giornata del Consiglio si è invece preoccupata di introdurre l’assise di maggio sul tema della riconciliazione sacramentale, aiutati dalle relazioni del teologo don Pierpaolo Caspani e del Penitenziere maggiore del Duomo monsignor Fausto Gilardi.