Una proposta di spiritualità sacerdotale ambrosiana, con presentazione dello statuto da parte del Card. Carlo Maria Martini
Nella Pasqua del 1957 l’arcivescovo Giovanni Battista Montini presentava ed offriva ai sacerdoti della diocesi milanese i nuovi Statuti per gli oblati diocesani della Congregazione degli oblati dei santi Ambrogio e Carlo. Era un testo che, per molti aspetti, precorreva le indicazioni del Concilio Vaticano II in tema di ministero e vita del presbitero diocesano e ancor oggi, riletto alla luce delle successive acquisizioni in proposito, conserva intatta la sua singolare carica profetica.
A quasi quarant’anni di distanza, il rinnovamento inaugurato dal Concilio e completato dal successivo discernimento da parte del magistero ha consigliato una riformulazione degli Statuti della Famiglia degli oblati diocesani.
Rispetto alla stesura voluta dal mio venerato predecessore, il card. Montini, ho espressa mente desiderato che non fosse mutata l’impostazione generale, che ritengo ancora valida: si tratta infatti di promuovere un’opera di rinnovamento nella continuità di una lunga tradizione, ripresentando, con maggior aderenza alla sensibilità di oggi, l’intuizione spirituale di fon do che ha portato san Carlo alla costituzione degli oblati.
Riprendendo le stesse parole dell’arcivescovo Montini, anch’io mi sento di offrire questi rinnovati Statuti ai sacerdoti della mia diocesi, «che dalla sorgente spirituale della tradizione ambrosiana e dai precetti di vita ecclesiastica di S. Carlo vogliono trarre forza interiore per rispondere con piena adesione alla grazia della loro vocazione e con impegno totale di se stessi al servizio del Vangelo nel nostro tempo».
I due punti che fanno da pilastro per una proposta di pedagogia sacerdotale, quale vuole essere la Congregazione degli oblati, sono infatti il riferimento alla tradizione ambrosiana come sorgente spirituale per il sacerdote diocesano e il riferimento alla legislazione ecclesiastica di san Carlo, anche nella rilettura che le diverse epoche successive ne hanno dato. In effetti, come la Chiesa milanese ha un suo rito particolare, una sua sensibilità pastorale, una sua tradizione ecclesiale ben precisa e collaudata dalla storia così la Congregazione degli oblati si offre
posta di ambrosianità “intesa nel senso di riferimento esplicito ed istituzionale alla propria Chiesa, alla sua storia e alla sua tradizione in tema di formazione del clero.
Il fine che la Congregazione degli oblati si propone è sempre quello voluto da san Carlo ed esplicitato in termini più moderni del card. Montini.
Oggi potremmo ripresentarlo così: «unirsi a Cristo nella scoperta della volontà del Padre e nel dono di sé per il gregge» (P.O. n. 14), per vivere pienamente la propria vocazione al mini stero, attraverso l’impegno totale di se stessi al servizio della propria Chiesa e del proprio ve scovo.
L’oblazione, che già etimologicamente indica “offerta di sé”, è in fondo la formulazione tradizionale di quella “dedicazione” alla propria Chiesa che ispira e sostiene ogni autentica spiritualità sacerdotale mediante la santificazione personale nel ministero.
Per raggiungere questo fine, a cui è chiamato ogni presbitero della Chiesa milanese, la Congregazione degli oblati si presenta come “mezzo” particolare, anche se non esclusivo, ma in ogni caso storicamente vagliato dalla plurisecolare tradizione ambrosiano-borromaica.
La Chiesa ambrosiana, che sta vivendo il prezioso momento del Sinodo XLVII, ha bisogno di ministri che le si dedichino con totalità di cuore e di forze, in perfetta comunione e obbedienza al proprio vescovo.
Sugli oblati diocesani, che già da anni vivono la tensione verso questa meta alta e impegnativa e su tutti i presbiteri che vorranno accogliere questa rinnovata proposta, per l’intercessione dei patroni Ambrogio e Carlo, invoco una speciale benedizione.
+ Carlo Maria Card. Martini
Arcivescovo di Milano
Milano, 29 giugno 1994
nella Solennità dei SS. Ap. Pietro e Paolo