Nel mese di maggio 2018 papa Francesco ha autorizzato la Congregazione dei Santi a dichiarare venerabile Padre Enrico Mauri, che appartenne alla Famiglia degli Oblati Diocesani.
Si tratta di un primo traguardo per la causa di beatificazione, che speriamo lo porterà un giorno agli onori degli altari. Enrico Mauri, nato nel 1883 a Bosisio Parini, fu consacrato sacerdote dal Beato Cardinale Andrea Carlo Ferrari nel Duomo di Milano, nel mese di giugno dell’anno 1908.
Era un giovane dalla corporatura piuttosto gracile: appena divenuto prete, fu inviato, anche per ragioni legate proprio alla sua salute precaria, nell’antica Diocesi di Bobbio, dove svolse il servizio di segretario del Vescovo e si diede ad animare molte iniziative a carattere sociale. Rientrò poi in Lombardia, dapprima a Bergamo per breve tempo, e poi a Milano nel 1916. Qui venne destinato al servizio pastorale presso la Chiesa di San Gregorio Magno e fu proprio in questo periodo che entrò, nonostante avesse superato l’età massima prevista, tra gli Oblati dei Santi Ambrogio e Carlo, recependone tutta l’intensità di una spiritualità sacerdotale a servizio delle anime, che egli perseguì per tutta la vita.
In un suo articolo apparso qui sul portale diocesano in occasione del Decreto della Congregazione, Luca Diliberto si domandava: “Chi è stato padre Enrico Mauri e quale legame ha mantenuto con la Diocesi ambrosiana?” e rispondeva che fu proprio la spiritualità dell’oblazione a mantenere sempre vivo il legame con la sua Chiesa madre, nonostante il suo ministero lo portò ad operare spesso fuori dai confini delle terre ambrosiane. Tale spiritualità “si dispiegò”, prosegue quell’articolo, “anzitutto attraverso l’ascolto di tante giovani donne in cui padre Mauri colse un desiderio di apostolato; per questo, assieme al cardinal Ferrari e alla giovane Armida Barelli, diede vita a un primo esperimento di animazione spirituale e sociale per ragazze che, dopo poco più di un anno, portò alla nascita della Gioventù Femminile di Azione Cattolica. In quest’opera, come primo assistente nazionale (dal 1918 al 1922), investì enormi energie, girando per tutta Italia. Contemporaneamente (1917), fondò l’Associazione tra le Madri e Vedove dei caduti, struttura che, grazie anche alla sua intensa propaganda, arrivò in poco tempo ad oltre 500 mila iscritte.
La nazionalizzazione di organismi di questo tipo, voluta dal fascismo, portò padre Mauri a vivere (dal 1922) una nuova lunga stagione in terra ligure, con l’avvio a Sestri Levante (ora in diocesi di Chiavari), di tantissime iniziative all’interno dell’Opera Madonnina del Grappa: l’apertura di una casa per vedove, una scuola per ragazzi orfani, un laboratorio, una stamperia, una sorta di “consultorio” per madri in difficoltà; più in profondità ancora, esperienze di sodalizi spirituali, sia sacerdotali, sia femminili a cui, dopo la II guerra mondiale, fu data forma di Istituto secolare (le Oblate di Cristo Re).
Con gli anni Cinquanta fece altri rilevanti esperimenti, soprattutto grazie a nuovi obiettivi formativi dell’Opera, tra cui l’esperienza di accompagnamento delle spose e percorsi pionieristici di pastorale familiare. Proprio per questo, anche in diocesi ambrosiana volle una casa, Villa Annunciata a Casaglia di Besana Brianza. Morì nel 1967, lasciando alla spiritualità del Novecento soprattutto l’approfondimento del tema della “nuzialità” di Cristo e della Chiesa, forma per tutti, non solo consacrati, di vita orientata alla santità”.
Quale fu la ricetta di santità di Padre Mauri? Potremmo riassumerla con i tre pilastri di una vita pienamente cristiana che egli consegnò alla Gioventù Femminile: “Eucaristia – Apostolato – Eroismo”. Come non riconoscere in questo trinomio la traduzione per il laicato della spiritualità sacerdotale oblatizia vissuta da Padre Enrico? La celebrazione quotidiana dell’Eucarestia come centro della propria vita, un eroismo della vita spirituale e del servizio di apostolato sono infatti caratteristiche fondamentali di quel dono totale di sè a Dio e ai fratelli che l’oblazione comporta.