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Lo scorso 19 agosto don Marco Pavan, che vive il suo ministero come fidei donum a Cuba, ha fatto la sua oblazione perpetua tra gli oblati diocesani.

Lunedì 19 agosto don Marco Pavan, fidei donum a Cuba, ha fatto la sua oblazione perpetua nella famiglia degli oblati diocesani.

Durante la celebrazione, l’Arcivescovo, nella sua breve omelia, ha ricordato tre dimensioni fondamentali dell’oblazione: entrare in una famiglia, ovvero la pratica della fraternità; la santificazione, ovvero il desiderio di portare a compimento la propria vocazione, di non accontentarsi e di contrastare la mediocrità; la disponibilità, ovvero l’obbedienza al vescovo, anche assumendo compiti non previsti, come forma intensa di servizio alla chiesa ambrosiana.

Le parole dell’Arcivescovo hanno messo a tema gli elementi fondamentali della spiritualità dell’oblato diocesano. Innanzitutto si tratta di un cammino di santificazione, nasce dal desiderio di vivere appieno come sacerdote diocesano ambrosiano, senza cercare altrove spiritualità, carismi o sensibilità da vivere. È puntare in alto nel cammino di santità personale: ciò che lo anima è la spinta a non accontentarsi della mediocrità o di fare cose, magari con zelo, ma semplicemente come successi personali; tutto si inserisce nella sequela del Signore. Ecco perché non importa tanto la situazione concreta, ma la modalità con cui si decide di viverla: ogni situazione è occasione: occasione per sé stessi, per i confratelli e per il popolo di Dio. Di qui nasce la disponibilità piena nei confronti dell’arcivescovo, che trova la sua espressione concreta nel voto di obbedienza. Questo cammino non è isolato, ma gode del sostegno di una fraternità; entrare in una famiglia è accogliere relazioni capaci di sostenere e accompagnare, incontrare stimoli per fare meglio, accompagnarsi e sostenersi vicendevolmente nella preghiera.

Anni fa, l’allora prevosto generale degli Oblati, don Mario Sala, parlando della regola degli oblati diocesani nell’introduzione allo Statuto, metteva a fuoco la figura dell’oblato diocesano:

la regola è un invito a vivere il nostro essere sacerdoti e sacerdoti di Cristo per gli uomini; ci guida per una crescita spirituale, ci arricchisce per distribuire con generosità, ci libera da tanti piccoli egoismi, ci butta nella mischia, confondendoci e vivificando tutta la massa. Non vogliamo essere speciali, ma diversi per essere meglio fra gli altri, con gli altri e per gli altri”.

Il cammino di santità è vissuto concretamente nell’esercizio del ministero, che non assume altre forme particolari se non quelle dell’ordinarietà del ministero vissuto in comunione e in obbedienza al Vescovo. In questa precisa modalità di esercizio del ministero, vissuta gioiosamente, si diventa capaci di “vivificare la massa”, pur “confondendosi” con essa. Non si tratta dell’esercizio di un ministero speciale, ma di una consapevolezza maggiore dell’esercizio del ministero come forma propria della testimonianza cristiana.

Abbiamo chiesto a don Marco come è nato il desiderio dell’oblazione e il senso della sua attuale esperienza a Cuba come fidei donum.

“Nei primi anni di ministero ho spesso riflettuto sulla promessa di obbedienza fatta durante l’ordinazione: filiale rispetto e obbedienza implicava una paternità che faticavo ad avvertire. Così è incominciata una avventura spirituale che mi ha aiutato a comprendere la centralità del mio vivere una figliolanza nei confronti dell’arcivescovo. In particolare poco a poco ho intuito nell’obbedienza il cammino per accogliere e vivere da figlio. Così ho conosciuto la famiglia degli oblati diocesani. Nel frattempo ho accolto il mio primo cambio di destinazione, da Vimercate a Legnano in questa prospettiva: non importa dove svolgo il mio ministero e cosa mi viene chiesto come incarico particolare, ma importa come mi gioco in quello che faccio. Così nel 2016 ho fatto la professione temporanea triennale.

Poi il 4 novembre 2016 il card. Scola alla fine della celebrazione penitenziale in Duomo per i sacerdoti, chiede la disponibilità di alcuni presbiteri per la chiesa cubana come fidei donum. Mi sono detto: se il mio vescovo chiede una disponibilità, io la do con gioia. Così nel novembre 2017 sono partito per Cuba, dove svolgo il mio ministero come parroco di Palma Soriano, nella diocesi di Santiago de Cuba.

Ora sono rientrato in Italia per le vacanze e ho fatto la professione perpetua. Per me essere fidei donum è espressione concreta di questa obbedienza. Mi sento inviato dalla mia chiesa ambrosiana e dunque dal mio vescovo. Mi sento ponte tra due chiese e tra due realtà di chiesa molto differenti. È una esperienza che mi interroga molto sul senso di quel che faccio e che mi aiuta a cercare l’essenzialità. Mi sto aprendo concretamente all’universalità della chiesa, nella quale e per la quale sono presbitero, pur nella specificità della chiesa ambrosiana che mi ha generato, che mi invia e alla quale sono legato. In questa esperienza di missione mi sto accorgendo che non sono inviato per convertire altre persone o per fare chissà che cosa; è una occasione di conversione personale al Signore, con maggior gioia, entusiasmo e generosità; quello che vivo può diventare per altri testimonianza di vita cristiana e di vita spesa per il Signore”.