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Mentre si avvicina la data dell’oblazione perpetua (5 novembre) Fratel Michele racconta la sua scelta

Fratel Michele, si avvicina la data dell’oblazione perpetua il prossimo 5 novembre. Cosa provi alla vigilia di questo appuntamento così importante per la tua vita? Come ti stai preparando?
In questo periodo mi torna alla mente la figura piccola ma tanto importante di Zaccheo, nel cap. 19 di Luca. Quando il Signore lo invita a scendere dall’albero perché vuole entrare a casa sua. Ho nel cuore la stessa agitazione. È certamente un’agitazione positiva che ha con sé una grande componente di gioia, ma pur sempre un sentimento che mi rende inquieto. Attendo che il Signore entri definitivamente nella mia casa, nel mio cuore, per vivere con Lui tutta la vita. Proprio pensando all’episodio di Zaccheo, direi che la metafora migliore per dire come mi sto preparando è quella dell’uomo che imbandisce la tavola per un banchetto, per una festa. Ecco, io sto imbandendo la tavola per una festa. Però al posto delle stoviglie belle o dei fiori e tovaglie sfarzose sto utilizzando la preghiera, il ritiro e gli esercizi spirituali per impegnarmi ad essere quanto più possibile accogliente con quell’Ospite importante che è il Signore. La consacrazione è un po’ questo, credo: accogliere quotidianamente un Ospite del cuore e rendersi il più possibile conformi a lui.

Cosa ti affascina della vocazione del Fratello Oblato?
Continuando in quell’idea del banchetto direi che ciò che più mi affascina è l’essere posti al servizio. Per preparare un bel banchetto c’è bisogno di molti al servizio, ecco il Fratello Oblato credo sia proprio come quel bravo servitore che si pone al servizio, ma sempre con la consapevolezza di essere un “servo inutile”. La vocazione che ho abbracciato mi fa riscoprire quotidianamente una persona di valore perché al servizio del prossimo e specialmente della Chiesa e della Chiesa locale. Non a caso ho scelto come frase che mi accompagna “Io sto in mezzo a voi come colui che serve”. L’idea del Signore che si cinge i fianchi e lava i piedi ai suoi mi affascina e allo stesso tempo spaventa: io sarò in grado di cingermi i fianchi e fare come Lui? Allo stesso tempo però ritengo anche che quella del Fratello sia una vocazione di grande rilevo, non certamente per chissà quale prestigio, ma piuttosto per il valore testimoniale di cui è investita. Rendere quotidianamente testimonianza che si è grandi agli occhi di Dio solo se si è capaci di servire.

Cosa diresti ad un giovane che si sta interrogando su una possibile vocazione di consacrazione?
Non è facile rispondere. Ecco, la prima cosa che mi viene alla mente e nel cuore è la domanda che la tradizione fa rivolgere al Signore da Pietro “Quo vadis?”, “Dove vai?” e lui risponde che torna a Roma ad essere crocifisso ancora una volta. Ecco. Nella vita di ognuno arriva quel momento in cui di fronte a Lui chiediamo “Signore ma dove vai, lontano da me? Io che faccio?”. A questa domanda dovremmo rispondere fermamente ascoltando il nostro cuore. La consacrazione è una vita coraggiosa disposta quotidianamente ad avere la stessa fermezza del Signore e dire “vado sulla croce”. Senza preoccupazione per i propri difetti, la propria piccolezza o il senso di inadeguatezza. Dio sa prendere ogni difetto della nostra persona e trasformarlo. Noi siamo un granello di senape che nella mani di Dio porta molto frutto. Dunque, ad un giovane direi questo: sii coraggioso, sii come Pietro e inverti il cammino della tua vita seguendo il Signore; inverti il cammino per incontrare il volto di Dio, quotidianamente, in quello del prossimo.

Quale parola/frase ti sta accompagnando in particolare?
Una frase l’ho già indicata, il versetto 27 del capitolo ventiduesimo di Luca “Io sto in mezzo a voi come colui che serve”, ma questa frase, questa espressione l’ho posta a confronto e riletta alla luce di un’altra frase altrettanto famosa. Tutti sanno che il nostro fondatore, il Beato Cardinale Schuster era un benedettino e per questo ho scelto anche l’espressione di San Benedetto “Nihil amori Christi praeponere”, “nulla anteporre all’amore di Cristo”. Credo siano due i fondamenti della vita religiosa: servizio e amore, ma tutto la sua fonte in Cristo che è morto in croce proprio per quell’amore che ha redento il mondo. Queste due frasi, servire e amare, vorrei mi accompagnassero non solo ora, ma per tutta la vita. La frase di Luca poi, mi è cara perché ad assegnarla, diciamo così, ai Fratelli Oblati è stato il Cardinal Martini. Con quella espressione ha voluto dar loro un respiro più ampio che li introducesse al servizio di tutta la Diocesi e di tutta la Chiesa.