Il lavoro ruota attorno alla chiesa di Santa Maria Beltrade perché esempio significativo delle intenzioni artistiche e pedagogiche di Mons. Giuseppe Polvara fondatore della Scuola d’arte sacra ‘Beato Angelico’ e autore di ‘Domus Dei’
La tesi di laurea magistrale ‘La nuova Beltrade: eclettismo e modernità nell’opera di Giuseppe Polvara’ (2022), incentrata sulla chiesa (1927) di via Nino Oxilia (M1 Pasteur) e scritta dal neolaureato Antonio Canzoniere dell’Università degli studi di Milano, è stata recentemente depositata nell’archivio della diocesi, dove è stata condotta buona parte della ricerca.
Il lavoro ruota attorno alla chiesa in quanto esempio più significativo delle intenzioni artistiche e pedagogiche di Mons. Giuseppe Polvara (Pescarenico, 1884 – Milano, 1950), fondatore della Scuola d’arte sacra ‘Beato Angelico’ e autore di ‘Domus Dei’ (1929), manifesto di ideali artistici, manuale didattico e saggio critico sugli stili della storia dell’architettura sacra.
L’inquadramento dell’edificio all’interno della tesi avviene sia sul piano storico che su quello stilistico, con l’intenzione di dimostrare le connessioni della chiesa e del suo progettista con lo scenario milanese eclettico e cattolico del tardo Ottocento-primo Novecento.
Ne viene innanzitutto analizzata la connessione con il pensiero analogico del mondo eclettico e storicista all’interno dei principali cantieri cristiani, lungo una linea ideologica che parte dall’enciclica ‘Pascendi Domini Gregis’ di Pio X fino all’analisi simbolica degli stili architettonici attuata dal Polvara per finalità cultuali sullo scadere degli anni ‘20 del XX secolo.
Si continua poi con l’analisi dell’ispirazione e delle referenze artistiche più amate dal Polvara che, partendo dal proprio amore per il passato, cerca uno stile personale per interfacciarsi alla modernità incalzante.
La Beltrade, che risulta essere la più valorizzata tra tutte le chiese richiamate in ‘Domus Dei’, pubblicato due anni dopo l’avvio del cantiere, permette al sacerdote-architetto di manifestare la sua idea di modernità in cui praticità e simbolismo possano coesistere senza danneggiarsi.
Il cantiere della nuova chiesa, fortemente voluta dalla Curia milanese per venire incontro ai bisogni spirituali degli abitanti di Greco, inglobata fin dal 1923 nel territorio di Milano, diventa quindi l’occasione per mostrare praticamente l’importanza del cemento armato, sempre però al servizio dell’efficienza totale della navata unica, necessaria per avere una perfetta convergenza dell’attenzione del fedele verso l’altare.
Questa apertura del Polvara ad un materiale già usato e valorizzato dalle ricerche più estreme dell’architettura italiana del tempo va però a braccetto con un punto importantissimo del suo approccio professionale: la divisione tutta ottocentesca del lavoro dell’architetto da quello dell’ingegnere, tanto che a gestire i lavori sul piano pratico fu la ditta Magnaghi e Bassanini sotto la supervisione del grande ingegnere Arturo Danusso (Priocca, 1880 – Milano, 1968).
Perfino le scelte decorative, messe in atto gestendo le diverse mani dei collaboratori del Polvara e degli allievi della Beato Angelico, mostrano un attaccamento affezionato al figurativo, spaziando dal liberty (con Eliodoro Coccoli) al divisionismo prediletto dal progettista (attraverso la mano di Ernesto Bretagna), passando infine per stili più cromaticamente compatti e con specifiche tendenze didattico-liturgiche (Antonio Martinotti).
La Beltrade pertanto si manifesta come centro importantissimo di una ricerca personalissima che puntava ad armonizzare passato e presente, imparando dal moderno la pura praticità dell’edificio in quanto corpo e organismo utile ad uno scopo e dall’altro valorizzando la connessione con la storia decorativa del mondo cristiano in quanto preghiera e atto di fede, ben lontano dal purismo cromatico e iconoclasta del Novecento.