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L�immagine aveva ancora un suo fascino, ma era vecchia, rovinata, poco leggibile. E poi, si sar� detto qualcuno, di quelle raffigurazioni della Vergine col Bambino in grembo ce n�erano in giro tante, per il paese e nella valle... Una pi� o una meno...Di scrupoli, insomma, ce ne furono ben pochi. L�antica chiesa di San Salvatore, ad Almenno, rischiava di crollare, e soldi per sistemarla non ce n�erano, o non si volevano trovare. Per ora, si decise, un sostegno sarebbe bastato, un contrafforte con cui puntellare la facciata. Pazienza se cos� facendo si andava a coprire quello sbiadito affresco mariano, pazienza se un tassello della memoria e della fede delle generazioni passate veniva cancellato d�un colpo...Si era allora nei primissimi anni del secolo decimosesto, e quello che sembrava l�epilogo di una piccola storia un po� triste non era invece che l�inizio di una vicenda prodigiosa. Gi�, perch� un bel mattino, pochi giorni pi� tardi, un gruppo di passanti non solo s�accorse che il dipinto della Madonna col piccolo Ges� era improvvisamente riapparso ben visibile sulla parete esterna della chiesa, ma anche che il puntello di pietre e mattoni si trovava spostato pi� in l�, intatto, di quasi due metri. Proprio cos�: il muraglione non era crollato, n� era stato abbattuto, ma, incredibilmente, miracolosamente, era stato �semplicemente� scostato come da una mano gigantesca. Una �mano� che aveva voluto riportare agli sguardi della gente di Almenno quella sacra immagine frettolosamente occultata.Le implicazioni simboliche di un simile evento sono chiare ed evidenti, tanto che poco importa, forse, sottoporre il racconto popolare a una rigorosa verifica storica. Quel che � certo, infatti, � che dopo quell�avvenimento la devozione mariana parve rifiorire in questa parte della bergamasca, ispirata da nuova fiducia, sorretta da rinnovato vigore. E non solo si recuperarono rapidamente i fondi per restaurare il tempio vetusto di San Salvatore, ma le offerte raccolte da ogni parte furono cos� generose da permettere in breve la costruzione di un nuovo santuario, addossato al primo, bello e grande, con la miracolosa immagine a far da altare.Il complesso della Madonna del Castello - o della Candelora, come pi� comunemente � noto dalle parti di Almenno - sorse dunque cos�, chiesa su chiesa, storia su storia. E ancora oggi, nella festa febbravina della Presentazione al tempio di Ges�, attorno al santuario mariano si raduna una folla di fedeli e un variopinto mercato, a perpetuare una tradizione sempre sentita e davvero vissuta.Ma per comprendere meglio la singolarit� di questo luogo, � bene fare un passo indietro. Un lungo balzo, in verit�, capace di riportarci addirittura ai primi tempi della Chiesa bergamasca, all�epoca della presenza longobarda, quando, quass�, su un balcone di roccia affacciato sul Brembo, venne eretto un palazzo regio e la sua cappella. Palazzo e cappella che, a loro volta, insistevano su realt� preesistenti e ancora pi� antiche: una villa romana d�et� imperiale e un sacro edificio dedicato alla divinit� dei boschi, Silvano.Quando poi i Franchi ebbero la meglio sul popolo di Teodolinda, i conti di Lecco presero possesso del feudo di Almenno, fortificando e ampliando gli insediamenti longobardi nell�area. Non solo. Una nuova chiesa dedicata al Salvatore sorse attorno e sopra l�antica, che ne divenne cos� la cripta, ambiente di profonda suggestione, ritmato da colonne con preziosi capitelli romani, destinato a custodire venerate reliquie della Vergine e della Santa Croce.Fino al Mille, e poi ancora oltre, la basilica plebana di Almenno era dunque considerata la pi� insigne, la pi� importante di tutto quel vasto territorio che si estendeva tra la Val Imagna e la Val Brembana, fin quasi alle sponde del Lario, strettamente legata all�autorit� e al prestigio del vescovo di Bergamo. Una chiesa notevole anche nella struttura, impostata su tre navate, con tetto a capriate sostenuto da massicci pilastri a base quadrata: un�architettura di stile preromanico tuttora perfettamente leggibile, che rende questo edificio un unicum in area orobica.Al suo interno, come del resto anche nella cripta, la chiesa di San Salvatore conserva interessanti affreschi di vari periodi: un Cristo Pantocrate, nella volta del presbiterio, risalente alla fine del XII secolo; santi, apostoli e martiri sparsi un po� ovunque, realizzati da mani diverse tra il Trecento e il Quattrocento. E poi un autentico, straordinario capolavoro: il pulpito in pietra arenaria. Databile attorno al 1130, � opera di bellezza perfetta, esempio sublime della semplicit� e della profondit� della scultura romanica in terra di Lombardia, con la rappresentazione, in altorilievo, dei simboli dei quattro evangelisti, e un fregio stupefacente, per grazia ed espressivit�, raffigurante scene di caccia e di lotta fra uomini e bestie, metafora della sfibrante battaglia dell�anima per sfuggire al peccato. Questo pezzo soltanto, c�� da crederci, vale e giustifica il viaggio in quest�angolo della bergamasca.Le guerre tra Milano e Venezia ebbero ripercussioni gravissime anche su Almenno, lasciando ovunque morte e distruzione. La sola chiesa di San Salvatore, nel 1433, fu risparmiata dalla vendetta della Serenissima, ma in quali condizioni di abbandono e povert� essa versasse lo si � ricordato all�inizio. Cos� come si � detto della sua prodigiosa rinascita, che condusse alla costruzione di un nuovo santuario, decorato dagli artisti pi� celebri, arricchito dalla piet� di molti, moltissimi.La cripta longobarda, la pieve antica, il santuario rinascimentale: secoli e secoli di storia, arte e fede radunati, addossati quasi, in un unico grande tempio consacrato al nome di Maria. E l�immagine della Vergine � l�, nel punto pi� alto, in cima a un campanile visibile in tutta la vallata, le braccia aperte ad accogliere. La gente di Almenno pare avere imparato la �lezione�: la bellezza e la tenerezza della Madre le vogliono sempre a portata di sguardo.

Provincia di Bergamo

21 Gennaio 2004

…E l’immagine della Vergine è là, nel punto più alto, in cima a un campanile visibile in tutta la vallata, le braccia aperte ad accogliere. La gente di Almenno pare avere imparato la “lezione”: la bellezza e la tenerezza della Madre le vogliono sempre a portata di sguardo.