Testo e foto di Luca Frigerio
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L’immagine aveva ancora un suo fascino, ma era vecchia, rovinata, poco leggibile. E poi, si sarà detto qualcuno, di quelle raffigurazioni della Vergine col Bambino in grembo ce n’erano in giro tante, per il paese e nella valle… Una più o una meno… Di scrupoli, insomma, ce ne furono ben pochi. L’antica chiesa di San Salvatore, ad Almenno, rischiava di crollare, e soldi per sistemarla non ce n’erano, o non si volevano trovare. Per ora, si decise, un sostegno sarebbe bastato, un contrafforte con cui puntellare la facciata. Pazienza se così facendo si andava a coprire quello sbiadito affresco mariano, pazienza se un tassello della memoria e della fede delle generazioni passate veniva cancellato d’un colpo… Si era allora nei primissimi anni del secolo decimosesto, e quello che sembrava l’epilogo di una piccola storia un po’ triste non era invece che l’inizio di una vicenda prodigiosa. Già, perché un bel mattino, pochi giorni più tardi, un gruppo di passanti non solo s’accorse che il dipinto della Madonna col piccolo Gesù era improvvisamente riapparso ben visibile sulla parete esterna della chiesa, ma anche che il puntello di pietre e mattoni si trovava spostato più in là, intatto, di quasi due metri. Proprio così: il muraglione non era crollato, né era stato abbattuto, ma, incredibilmente, miracolosamente, era stato “semplicemente” scostato come da una mano gigantesca. Una “mano” che aveva voluto riportare agli sguardi della gente di Almenno quella sacra immagine frettolosamente occultata. Le implicazioni simboliche di un simile evento sono chiare ed evidenti, tanto che poco importa, forse, sottoporre il racconto popolare a una rigorosa verifica storica. Quel che è certo, infatti, è che dopo quell’avvenimento la devozione mariana parve rifiorire in questa parte della bergamasca, ispirata da nuova fiducia, sorretta da rinnovato vigore. E non solo si recuperarono rapidamente i fondi per restaurare il tempio vetusto di San Salvatore, ma le offerte raccolte da ogni parte furono così generose da permettere in breve la costruzione di un nuovo santuario, addossato al primo, bello e grande, con la miracolosa immagine a far da altare. Il complesso della Madonna del Castello – o della Candelora, come più comunemente è noto dalle parti di Almenno – sorse dunque così, chiesa su chiesa, storia su storia. E ancora oggi, nella festa febbravina della Presentazione al tempio di Gesù, attorno al santuario mariano si raduna una folla di fedeli e un variopinto mercato, a perpetuare una tradizione sempre sentita e davvero vissuta. Ma per comprendere meglio la singolarità di questo luogo, è bene fare un passo indietro. Un lungo balzo, in verità, capace di riportarci addirittura ai primi tempi della Chiesa bergamasca, all’epoca della presenza longobarda, quando, quassù, su un balcone di roccia affacciato sul Brembo, venne eretto un palazzo regio e la sua cappella. Palazzo e cappella che, a loro volta, insistevano su realtà preesistenti e ancora più antiche: una villa romana d’età imperiale e un sacro edificio dedicato alla divinità dei boschi, Silvano.