Non fu questa di San Giorgio, tuttavia, la chiesa in cui dovettero riunirsi i Comacini fuggiaschi, ma quella poco distante di San Giovanni Battista, più antica, più piccola, probabilmente una delle prime a sorgere lungo il Lario che diventava cristiano. La struttura è dichiaratamente romanica, anche se le pitture che la ornano sono più tarde, del XV secolo, se non del XVI, tipiche di quel gusto lombardo un po’ naïf, schietto nei colori, eloquente nei gesti, capace di narrare ai semplici in modo semplice il mistero della Salvezza. Una rossa ringhiera potrebbe a un punto guidare il nostro vagare, inducendoci a passeggiare quasi a pelo d’acqua, affidandosi a una stradina generosa di quiete e di vedute. Da un lato il lago, con le sue insenature, le sue barche, i suoi monti attorno; dall’altro i giardini rigogliosi di ville appartate: rifugi d’antica nobiltà o residenze di moderna agiatezza, per lo più soltanto intuiti. Tra le più belle, Villa Monastero. Il nome già ne svela l’origine: qui, al margine settentrionale di Varenna, sorgeva un tempo un convento di monache cistercensi, che san Carlo Borromeo volle infine trasferire a Lecco, in un luogo meno suggestivo ma forse più consono alla vita delle religiose. Il complesso, tuttavia, non rimase disabitato a lungo. Passato attraverso diversi proprietari, i suoi spazi claustrali furono via via trasformati in saloni accoglienti, e il parco circostante modellato in un giardino di delizie, con quinte scenografiche d’alberi e arbusti, tra germogli rari ed esotici, in un trionfo di colori e profumi. Un piccolo, grande miracolo che soltanto la mitezza del clima di queste parti ha potuto permettere. E così la meraviglia di Villa Monastero si ripete di lì a poco in un’altra dimora, quella dei Cipressi. La posizione è splendida, il panorama incantevole. La famiglia Serpenti, una delle più in vista del territorio, doveva essere ben fiera di questa sua magione, che ebbe ospiti illustri e che fu lodata da poeti e scrittori. Oggi le due ville, Monastero e Cipressi, sono sede periodicamente dei «Corsi internazionali di alta cultura», congressi d’aggiornamento e seminari di studio, soprattutto nel campo delle scienze matematiche e fisiche. Quindi ancora a spasso, ma questa volta si lascia la riva puntando verso l’alto. I pittoreschi ruderi del castello di Vezio sono lì ad attenderci, dopo tre, quattro chilometri di carrozzabile e una breve escursione a piedi. Un podio naturale, una balconata da cui librarsi verso il lago, nel suo centro, dove far spaziare lo sguardo. Affascinò gli antichi, questo sperone strategicamente disposto, ma è medievale quel che rimane della rocca, tipico esempio di fortificazione a “recinto” in pietra squadrata, con al centro una possente torre quadrangolare. E, a ben ascoltare, la musica di Varenna arriva fin quassù. La “musica”? Certamente. Una melodia limpida, suadente, di cui s’accorse e scrisse anche il Fogazzaro, rifugiatosi in quest’angolo del Lario in cerca di magia e di ispirazione.