Molti artisti valsoldesi per tutto l’arco del Seicento fecero a gara per abbellire il loro santuario a cominciare da Salvatore Pozzi di Puria che dipinse due grandi tele con La presentazione al tempio (sulla parete di sinistra subito dopo l’entrata della chiesa), e un’Annunciazione (del 1645) posta sempre sulla parete di sinistra, ma a fianco dell’arco di trionfo che dà nel presbiterio. Giovan Battista Pozzo, invece, dipinge la decorazione dei pilastri dell’arco di trionfo con le figure del re Salomone a sinistra e del re Davide a destra, dipinti in grisaille, e degli angeli svolazzanti, in alto, chiaro esempio di pittura di architettura dipinta e stucco secondo i canoni berniniani della pittura tridimensionale. Lo stesso pittore dipinge anche la grande tela con la Visitazione, posta nella parete destra a fianco dell’arco di trionfo (verso la fine del ‘600). Ma per la chiesa più importante della zona, la Congregazione dei fabbricieri del Santuario vogliono la presenza del pittore più importante del momento e chiamano Isidoro Bianchi di Campione, pittore attivo in Piemonte al servizio della corte dei Savoia, impegnato a decorare il castello del Valentino. Dopo molte insistenze, finalmente il Bianchi accetta di affrescare l’arcone con l’Assunzione della Vergine (1648) e il Cristo in stucco sorretto da angeli, uno splendido esempio di pittura di primo barocco lombardo di scuola morazzoniana, e nel 1655 le cappelle laterali di San Francesco (a sinistra) e della Madonna del Carmelo (a destra), cappelle di proprietà delle due confraternite esistenti nel Santuario, cioè quella dei Cordiglieri, o del Terzo ordine francescano, e quella dei Carmeliti, o del Terzo ordine carmelitano. Ecco la ragione per cui il pittore campionese ritrae il momento di fondazione dei due ordini, e cioè il momento in cui san Francesco dà a san Domenico il funicolo del suo Terz’ordine e, dall’altra parte, quando la Madonna dona al beato Simone Stock lo scapolare dei Carmeliti. Tutt’intorno scene bibliche e agiografiche molto didattiche di un realismo tipicamente lombardo. Da notare che nell’altare di San Francesco, tra i vari santi a far da corollario alla scena principale, il Bianchi si ritrae dietro il gruppo dei vescovi (è quello in alto a sinistra con il pizzetto bianco). Artista tanto valente quanto scorbutico, le cronache raccontano come il Bianchi abbia abbandonato i lavori perché i parrocchiani di Cressogno, località in cui sorge il santuario, si sarebbero opposti al regalo, come promesso, di una campana. Il Bianchi, ormai anziano (ha 76 anni), non tornerà più al santuario e i lavori saranno terminati dal nipote Paolo Gerolamo Bianchi nel 1663. Finite le decorazioni delle cappelle laterali, mancavano ancora gli affreschi del presbiterio che non potevano non essere dedicati alla Madonna. Ci penserà Rocco Comaneddi, l’allievo di Carlo Innocenzo Carloni che, con una bella pennellata rococò, dipingerà nel Settecento sulla parete di sinistra del coro la Natività della Vergine e, a destra, la Presentazione al tempio, scene che integrano gli episodi salienti della Vita della Madonna presenti nelle decorazioni del Santuario mariano. Un santuario molto frequentato da tutti gli abitanti della Valsolda e dai paesi vicini, ma col tempo meta di numerosi pellegrini provenienti da tutta Italia e dalla Svizzera, devoti al culto della Vergine. Straordinario era l’afflusso di gente soprattutto l’8 settembre, ricorrenza della Natività della Madonna, titolare della chiesa, quando numerosi devoti giungevano in barca alla Caravina e salivano a piedi la scalinata che conduce al Santuario per assistere alle funzioni religiose. Oggi alla barca si è sostituita l’auto, ma l’8 settembre è sempre grande festa al Santuario che alterna a momenti di preghiera e di raccoglimento momenti di svago con concerti bandistici e con il tradizionale incanto dei canestri, una sorta di asta al miglior offerente di prodotti tipici del luogo. E se è emozionante ascoltare il cadenzare delle preghiere dei fedeli stretti attorno alla loro Vergine, o i canti accompagnati dalle note dell’organo, un gioiello della prima metà del Seicento, diffondersi negli anfratti del monte o perdersi sulle rive del lago, è straordinario costatare come il culto della Madonna della Caravina si perpetui, oggi come allora, con così grande intensità nella coscienza religiosa delle popolazioni di questa zona. La bellezza del paesaggio, i colori dei boschi che si rispecchiano nel lago, i tramonti infuocati dietro il monte San Salvatore, fanno da cornice alla spiritualità che traspare da questo luogo pieno di poesia e di religiosità.