La prima chiesa fu costruita subito, di slancio, verrebbe da dire. Piccola, raccolta, sorse proprio sul luogo dove la Madonna apparve, in una radura circondata di boschi. Quasi una grotta dalla bassa volta, ombrosa, come per trattenere i pensieri, per concentrarsi nella preghiera. Qui, su un modesto altare, venne conservato a lungo il tronco del miracolo, memento a chiunque lo osservasse di come la fede, e la vita stessa, possa davvero rifiorire, sempre, comunque. Perché nulla è impossibile a Dio. Ma quella cappella, già pochi decenni più tardi, non poteva bastare alle folle di pellegrini che da valli e contrade arrivavano fin lassù, a costo di percorrere a piedi chilometri e chilometri. Uomini e donne, giovani e vecchi, in tanti, tantissimi salivano al Perello per pregare la Vergine, chi con una sofferenza nel cuore, chi in cerca di pace, chi per rendere lode di una grazia invocata e ricevuta. E, con pratica saggezza, invece di ampliare la chiesetta esistente, se ne costruì una seconda sopra la prima. Furono chiamati dei bravi pittori, che riempirono le pareti di affreschi. “Riempirono” nel senso letterale del termine, perché presto non rimase un palmo di intonaco bianco. Ovunque si volgeva lo sguardo si vedevano infatti belle Madonne col Bambin Gesù in grembo, la maggior parte raffigurate nell’atto di porgere il seno al Divino infante. Oppure le immagini note di sante e martiri: come Alessandro, il soldato gigliato patrono di Bergamo; o Lucia, con gli occhi dalle lunghe ciglia adagiati su un piattino; o ancora Sebastiano, irto di frecce come un istrice, eppure impassibile, in tanto supplizio… Come ancor oggi si osserva, per molti tratti. Nessuno restò sorpreso quando, più tardi, si propose di erigere al Perello una terza chiesa: sopra alle altre due, sfruttando la conformazione del terreno. Il santuario così, anche esteticamente, venne ad assumere l’aspetto di una religiosa fortezza, saldo, massiccio, e allo stesso tempo vera oasi di preghiera immersa nel verde, lontano da tutto e da tutti, vicino a Dio. Quattrocento e novant’anni sono passati da quando la Vergine, quassù, apparve a Rogiero. E c’è ancora qualcosa di fresco, qualcosa di bello che ad ogni passo qui ci ricorda quel prodigioso incontro tra cielo e terra, tra l’umano e il divino. E ci sentiamo meno soli, trovando la forza, con una insospettata gioia nel cuore, di far germogliare anche nei nostri cuori una nuova speranza.