di Luca Frigerio
Non un movimento, non una parola. Tutto è immoto, tutto è silenzio, come un frammento d’eternità.
L’angelo è sospeso a mezz’aria, congelato nello slancio, racchiuso nella contemplazione.
Maria lo guarda, o forse no: il suo sguardo sembra andare ancora oltre, ancora più in là. La sorpresa è stata grande, lo sgomento terribile, ma ora tutto sta per compiersi, e lei è lì, docile strumento nelle mani di Dio.
Questa «Annunciazione» è l’ultima opera di Domenico di Pace detto il Beccafumi. Il suo testamento, il suo capolavoro.
La dipinse nel 1546 per la piccola comunità di Sarteano, nell’incanto delle colline senesi, dove ancor oggi si trova. Salvo, ovviamente, la breve parentesi milanese di questi giorni, che vede la pala ospite sino a fine novembre del Museo Diocesano. Un’occasione da non perdere. Per nessuna ragione.
Si osservi l’arcangelo Gabriele: i suoi occhi sono socchiusi, le palpebre abbassate. Come se non si ritenesse degno di fissare il suo sguardo su colei che Dio ha prescelto.
Come se avesse bisogno di un maggiore sforzo di concentrazione per eseguire quel mandato, straordinario, incredibile, che gli è stato affidato.
L’angelo contempla colei che è piena di Grazia. E le sue braccia si incrociano sul petto, in gesto obbediente, remissivo persino, a sfiorare appena il giglio di virginale, imperitura purezza.
Un brivido scuote Maria. Lo intuiamo da quella accennata torsione, da quel braccio dai muscoli tesi, da quella mano che per il turbamento s’alza come a difesa. E poi quel dito puntato verso se stessa, il mite reclinarsi del capo, le labbra socchiuse nell’accettazione della volontà del Padre.
In alto, al centro, brilla la luce divina dello Spirito Santo, e presto inonderà ogni cosa, squarciando le tenebre della stanza. Ma lei, Maria, già riluce di un sorriso interiore, tranquillo, sereno.
«Eccomi», mormorerà fra un attimo. «Sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». Fuori la natura è in trattenuto tumulto: lo vediamo dalla finestra aperta al centro, in posizione centrale, quasi che il paesaggio fosse anch’esso protagonista di quanto sta avvenendo.
Il cielo è scuro, livido, eppure va illuminandosi. Su di esso si stagliano due alberi: uno spoglio, l’altro frondoso. Tempi nuovi, cieli nuovi.
Usa il Beccafumi un colorare liquido, etereo, a tratti metallico, che si stende sul vero con il tocco dei sogni.
A Roma il senese aveva ammirato Michelangelo e i suoi santi e i suoi profeti della Sistina. Ne era rimasto impressionato, ma era spirito troppo libero e originale per trasferire semplicemente l’impeto michelangiolesco nelle sue opere.
Un fremito infatti attraversa l’arte di Beccafumi. Un lampo di inquietudine che presto si scioglie in speranza.
L’«Annunciazione» di Domenico Beccafumi
resterà esposta al Museo Diocesano di Milano
(corso di Porta Ticinese, 95)
fino al 30 novembre,
tutti i giorni, tranne il lunedì,
dalle ore 10 alle 18.
Ingresso con il biglietto del museo.
Per informazioni, tel. 02.89.42.00.19.