Il suffragio per tutti i fedeli defunti durante l’epidemia che si fa preghiera corale, seppure a distanza, attraverso i media; la Messa in assenza di fedeli tra le navate del Duomo silenziose e completamente deserte, con l’Arcivescovo, tornato sulla sua cattedra in altare maggiore, e solo 2 concelebranti, il Vicario generale, monsignor Franco Agnesi, e l’arciprete della Cattedrale, monsignor Gianatonio Borgonovo. Tutto parla, nella Solennità dell’Annunciazione, del momento terribile che stiamo vivendo seppure, come cristiani, comunque, con speranza e con quella fede che fu peculiare di Maria nel suo “sì” ai progetti del Signore .
Affetto e speranza
«Questa Celebrazione esprima il nostro affetto, doni consolazione alla nostra sofferenza, confermi la nostra speranza», dice, in apertura, l’Arcivescovo Mario, spiegando la particolare intenzione della Messa dell’Annunciazione. «In Maria, troviamo il modello di come vivere i giorni della festa e del lutto, quelli della fatica e del riposo».
Una speranza che torna nell’omelia. «Abbiamo bisogno di un’annunciazione, di un angelo di Dio che entri nelle case della solitudine smarrita, della convivenza noiosa, della frustrazione prolungata, del soffrire solitario, dell’impegno frenetico e logorante, del morire senza una carezza. Abbiamo bisogno di un angelo di Dio che raggiunga ogni donna, anche se non si chiama Maria, anche se non abita a Nazaret».
L’invocazione è che il Signore mandi il suo angelo come «luce là dove noi vediamo solo un abisso insondabile e che si apra una porta là dove noi avvertiamo solo un’irrimediabile chiusura. Manda l’angelo della annunciazione per dare una carezza a quelli che sono morti in ospedale: noi non abbiamo potuto stringere la mano nel momento estremo, non ci è stato possibile raccogliere le ultime confidenze, scambiare un bacio per perdonarci. Le incombenze della pietà verso i morti, la sosta silenziosa per ricordare una vita intera, lo scambio consolatorio delle condoglianze, tutto si è trasformato in una desolazione struggente, in un insensato senso di colpa, in un’impotenza imbarazzata».
I morti dimenticati
Il pensiero è, ovviamente, per chi non ce l’ha fatta a sopravvivere al virus, ma anche per tutti i morti dimenticati «che non fanno mai notizia: i bambini che non sono nati, chi era atteso e non è venuto e nessuno sa dove sia, i morti che non sono pianti da nessuno, quelli che forse hanno vissuto soli e sono morti soli, quelli che non contano niente per nessuno. Li raggiunga il tuo angelo, li chiami per nome, perché tutti hanno un volto, una storia, e un desiderio di felicità».
E, ancora, l’angelo dell’annunciazione è per noi «che siamo rimasti con le nostre domande, con il vuoto dell’assenza dei nostri cari, che non siamo riusciti a dare aiuto, non siamo stati capaci di guarire, non abbiamo potuto dire le parole per consolare, non abbiamo dato l’ultimo bacio per dire a-Dio, arrivederci».
Per tutti rimane e risuona «il principio della gioia», quel “Il Signore è con te”, detto a Maria 2000 anni fa e che è rivolto a ciascuno di noi oggi, anche e soprattutto quando ci sente sfiduciati e soli. «L’angelo dalla annunciazione possa dare conforto a chi vede partire i morti degli altri, dopo tanto lavoro e tanta scienza per cercare rimedio, manda un angelo per gli infermieri e i medici che sia per loro come un fratello e dica loro: “siete anche voi angeli della annunciazione, anche a voi è affidato il messaggio per dire a ciascuno che soffre e si inquieta: il Signore è con te”. Manda, Signore, l’angelo della annunciazione presso ciascuno di noi, in ogni casa, dappertutto».
Poi, le litanie dei Defunti, intonate in ginocchio ai piedi dell’altare, l’Eucaristia – a cui i fedeli sono inviati a partecipare recitando la preghiera della comunione spirituale -, la benedizione dell’Arcivescovo e ancora alcune sue parole di vicinanza, richiamando la prossima Via Crucis che verrà da lui guidata in Duomo (ChiesaTv, venerdì 27 marzo ore 21.00) e la Messa, nella V Domenica di Quaresima, trasmessa dalla Cattedrale, in diretta il 29 marzo alle 11 sempre su ChiesaTv. «Continuiamo a perseverare nella preghiera, invochiamo l’intercessione di Maria, desideriamo portare il nostro conforto, con tutti i mezzi possibili, a chi soffre, a chi li cura, a tutti coloro che sono nella prova».
In serata, invece, l’affidamento delle nostre terre a San Paolo VI, verrà formulato dal vescovo di Brescia, monsignor Pierantonio Tremolada.