«Porto qui davanti al Signore, ciò che ho visto attraverso le strade del Policlinico, Sono troppi i malati: i medici, il personale, lavorano troppo per assicurare a tutti le cure necessarie. Troppo dolore. Sono stato nei Cimiteri di Milano, soprattutto al Maggiore e a Lambrate, dove si concentrano i troppi morti di questa epidemia. Ho visto il personale che lavora in solitudine, senza parenti, senza riti. Porto in Duomo la loro fatica, la fede di tutti voi che mi state ascoltando: chi è troppo solo in casa, chi condivide una casa troppo piccola nella quale la lunga segregazione rende difficili i rapporti e innervosisce, porto qui la preghiera di tutti quelli che ci seguono e il desiderio di consolazione di tutti gli altri.. Troppe cose devo portare all’altare del Signore, aiutatemi con la vostra preghiera e la testimonianza di fede».
In un Duomo dalle porte chiuse, dove i fedeli entrano solo virtualmente attraverso i media, partecipando alla Celebrazione eucaristica nella V Domenica della Quaresima ambrosiana, la voce dell’Arcivescovo che presiede la Messa – concelebrata dal vicario generale, monsignor Franco Agnesi e dall’Arciprete della Cattedrale, monsignor Gianantonio Borgonovo – arriva nelle case, ormai chiese domestiche nel vero senso della parola. Arriva con il dolore per ciò che tutti stiamo vivendo, per quanto lui stesso, in prima persona, ha potuto vedere nei giorni scorsi, recandosi al Policlinico e, appunto, nei Cimiteri cittadini, ma giunge anche con la chiarezza della speranza certa che è il Signore risorto.
E, forse, mai come in queste settimane, il Vangelo di Giovanni nella Domenica detta, in Rito ambrosiano, “di Lazzaro”, è il segno di tale speranza affidabile. Quella che si può raccontare anche con una storia, un’allegoria, come fa il vescovo Mario nella sua riflessione.
L’omelia
Lazzaro, Maria, Marta, gli amici di Betania: gli amici ai quali Gesù dona dei semi che faranno «fiori straordinari». Semi speciali, dei quali occorre avere ogni cura, «preparando vasi con terra buona, mettendoli nel locale più riparato dal vento freddo del nord e dal vento cocente del deserto». Semi accuditi, come fossero neonati, da Marta «come sempre attiva ed efficiente, che innaffia, concima e comincia ad esasperarsi»; da Maria «che comincia a rimproverare, a incoraggiare: “Forza, non dovete aver paura, germogliate, vi proteggiamo da ogni pericolo. Non dovete essere pigri, adesso è ora di svegliarvi”; da Lazzaro che si domanda: “Non avranno per caso preso qualche malattia? Forse i vasi non sono adatti? Forse le troppe cure di Marta, forse le troppe prediche di Maria li hanno spaventati?”. Finché non torna Gesù, che «indignato e spaventato», visto il locale dove i semi sono iperprotetti, esclama: «“Ma come? Li avete messi in cantina? Come possono germogliare e fiorire? Al sole, al sole, è là che germogliano i semi, è là che fioriscono i fiori”. Quelli che, finalmente fioriscono; «i fiori più straordinari che mai si fossero visti. Fiori che cantavano con una dolcezza e intensità da cui germogliava la gioia. Che cantavano con una tale delicatezza che i bambini sorridevano nel sonno e i nonni sentivano la compagnia degli angeli, che cantavano con tale forza che gli scoraggiati, i disperati, gli afflitti sentivano rinascere la voglia di sorridere».
Evidenti l’insegnamento del Signore e il monto dell’Arcivescovo. «Per far sbocciare i fiori speciali che Gesù ci ha consegnato, bisogna esporli al sole. Voglio raccomandare a tutti, specialmente ai ragazzi e ai più giovani di cercare Gesù, luce del mondo. A tutti i ragazzi e i giovani e a quelli che sono giovani dentro, voglio ripetere il comando di Gesù che Papa Francesco ha scelto come titolo per la Giornata Mondiale della Gioventù che si celebra domenica prossima: “Giovane, dico a te, alzati!”».
«Dico, dunque, a tutti voi: siate fiori che cantano, irradiate la gioia perché il mondo sta morendo di tristezza. Contrastate con il contagio della gioia il contagio del virus e di ogni male. Siate fiori che colorano la terra: svegliate la bellezza che si è assopita sotto la coltre del grigiore. Fate risplendere il bello che c’è in ogni uomo e in ogni donna. Siate fiori che profumano: diffondete il buon profumo di Cristo, che renda desiderabile abitare insieme, sedersi a mensa e dare vita ad affetti più intensi e alle amicizie più vere. Diffondete profumo di pane e di amicizia».
Infine, prima della benedizione, richiamando la nota del Vicario generale, relativa alle indicazioni sulle Celebrazioni per la Settimana Santa e la Pasqua, l’Arcivescovo annuncia il suo Messaggio di speranza per la Pasqua 2020 – «per dire con quale spirito vivere la Settimana Santa» – dal titolo “La potenza della sua Resurrezione” (i testi visibili e scaricabili da www.chiesadimilano.it).
«Sono andato al Policlinico e nei Cimiteri per effondere una benedizione perché nessuno muoia senza essere benedetto; perché tutti coloro che lavorano in questi luoghi sentano la vicinanza della Chiesa. Desidero che questa benedizione giunga in tutte le case e in tutte le famiglie sia motivo di incoraggiamento e di consolazione. Fiorite, cantate, date bellezza, diffondete il buon profumo dell’amicizia e della solidarietà».
I prossimi appuntamenti, presieduti dall’Arcivescovo in diretta dal Duomo – trasmessi su Chiesa Tv (canale 195 DTT), in streaming dal portale della Diocesi e sul suo canale Youtube e, in audio, da Radio Marconi – saranno con le Viae Crucis, originariamente previste per la Zona pastorale I-Milano e la Zona VII-Sesto San Giovanni, martedì 31 marzo e venerdì 3 aprile alle ore 21.00. Sempre in diretta dal Duomo, la Celebrazione eucaristica della Domenica delle Palme verrà trasmessa il 5 aprile alle ore 11.00.