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In Duomo

«In questa Pasqua drammatica, contempliamo il nostro tempo con gli occhi e il cuore di Maria» 

L’Arcivescovo ha presieduto in Cattedrale la Via Crucis per la Zona pastorale I: «Impariamo dalla Madre la partecipazione al mistero, entrando in un legame vero di fraternità con Gesù»

di Annamaria BRACCINI

1 Aprile 2020

«Celebriamo questo percorso della Via Crucis per la città di Milano – previsto con partecipazione aperta a tutti -, qui dal Duomo, la casa di tutti i milanesi, senza la presenza fisica di tanta gente, ma con la presenza affettiva e credente di coloro che si sono messi in ascolto». Sono le parole – che dicono tanto dei sentimenti del Pastore e dell’intera sua Chiesa – con cui l’Arcivescovo introduce la penultima Via Crucis zonale 2020, preparata per la Zona pastorale I e che avrebbe dovuto snodarsi, in un cammino consueto e amato dalla devozione, tra le chiese di Santa Maria di Lourdes e del Corpus Domini.

Percorso pensato, transitando per gli incontri con la Madre, Simone di Cirene e la Veronica, dalla prima Stazione  (“Gesù è condannato a morte”) fino a “Gesù muore in croce”. L’ascolto della Parola, le meditazioni (curate, come per le precedenti celebrazioni, dalla Comunità monastica di Dumenza), il canto, la preghiera – in ginocchio, nell’ultima sosta, davanti alla croce su cui è appeso il lino bianco a immagine del sudario del Signore -, precedono la riflessione annodata attorno all’incontro con Maria e la sua figura.  

In compagnia della Madre

«Più semplici, più veri, più poveri, più straziati sono gli occhi e il cuore della Madre che incontra Gesù. Chi segue Maria, chi vuole vivere la Via Crucis nel modo più intenso ed essenziale, deve accompagnare la Madre», spiega l’Arcivescovo suggerendo una “compagnia” che tanto può sostenere anche il cammino di tutti noi in questi difficilissimi giorni. «La vita, l’organizzazione della comunità, hanno bisogno anche di discorsi e protocolli, di elaborazioni teoriche e di precisazioni organizzative. Ma c’è una partecipazione al mistero di Cristo, alla sua vita, passione, morte e risurrezione che dobbiamo imparare da Maria, che ci può insegnare come noi, figli adottivi, possiamo entrare in un legame vero di fraternità con Gesù, il figlio unigenito, partecipando con cuore credente fino alla fine».

E, tuttavia – di fronte al giusto vittima dell’ingiustizia, simbolo degli sconfitti di ogni tempo -, sarebbe troppo semplice e riduttivo fermarsi solo alla protesta, pure necessaria, ma spesso «distratta, timida e vile, troppo ottusa». Anche in questo la figura e l’atteggiamento di affidamento di Maria insegnano: «L’esercizio della Via Crucis non è l’occasione per un discorso sociale e politico, piuttosto è per chiedere a Maria di aiutarci a condividere il suo sentire. Lo strazio che spezza il cuore della madre non alimenta la rabbia che cerca vendetta e rivincita, ma contempla, come sempre nella sua vita, le grandi cose che fa l’Onnipotente: la certezza di una superiore giustizia e la pietà più profonda, l’immensa pietà per il male che si fanno coloro che fanno il male. Con occhi e cuore di Madre contempliamo l’esperienza della prossimità dei miti».

Salute e salvezza

Come quella di Veronica con il suo «gesto minimo di asciugare il volto di Gesù che nasce dalla commozione di fronte al troppo soffrire», o come «l’umiliazione del Cireneo nella condivisione dello stesso peso, della stessa umiliazione di colui che si umiliò fino alla morte». Simone e Veronica, chiamati a portare «l’acqua dell’impotenza perché si compia il segno del vino buono». Così, «il bicchiere d’acqua offerto all’assetato diventa un modo di partecipare addirittura all’opera di Dio».

Il pensiero torna all’oggi, a quell’avere bisogno di guarigione fisica che è sempre anche richiesta di salvezza. «In questo tempo drammatico più che di chiacchiere, di numeri, di immagini e di allarmi, abbiamo bisogno di accogliere ancora la parola della Madre, di ascoltare ancora che cosa dice il Figlio perché il vino nuovo salvi il desiderio di essere ammessi alla festa che non ha fine. La Madre sotto la croce raccoglie le ultime parole del Figlio, resta là, come sempre, ancora pensosa», Se, come all’annunciazione, «le sue parole più che una resa, sono il compimento della libertà», anche noi «se avremo costanza e fede, fortezza e docilità per stare sotto la croce, riceveremo l’annunciazione, la nostra vocazione e, per grazia, potremo dichiararne il compimento».

Infine, dopo il ringraziamento per le parrocchie che avevano predisposto la Via Crucis cittadina e per chi – in Duomo e attraverso televisione, radio e streaming ha reso comunque possibile la partecipazione al Rito – ancora un’espressione di vicinanza alla gente: «Invoco per tutti la benedizione del Signore. Il percorso che ci conduce a questa Pasqua così strana, difficile e drammatica, ci aiuti a contemplare il nostro tempo con occhi e cuore di madre».