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22 ottobre

La missione della Chiesa in un tempo che scuote anche il nostro credere

La Giornata missionaria mondiale sul tema “La Messe è molta” (Mt 9,37) e il messaggio di papa Francesco: un invito a rinnovare con coraggio ed entusiasmo lo sguardo sull’uomo

di padre Sante GATTOMissionario Saveriano

13 Ottobre 2017

Come ogni anno il mese di ottobre spalanca il cuore alla missione che la Chiesa annuncia e vive anche in questo contesto globale, sempre più interconnesso. Di fatto viviamo un cambiamento di epoca, o meglio, siamo immersi in un’epoca in cambiamento così veloce e informatizzata che a volte ci lascia storditi e, a dir il vero, un po’ confusi soprattutto dal punto di vista antropologico e delle relazioni umane. Nuovi popoli raggiungono le nostre frontiere e gli spazi più comuni del vivere sociale ed ecclesiale, proponendo alla società civile e alla comunità cristiana un nuovo approccio di fede e un’operazione culturale totalmente nuovi. Queste sfide pongono la Chiesa, la comunità dei credenti o la comunità educante, di fronte a un discernimento pastorale non di immediata soluzione, ma che, allo stesso tempo, le offre un’opportunità impari nel dire a se stessa e al mondo chi essa è e per quale ragione esiste, quale sia la sua missione anche in questo tempo.

Questo tempo scuote di fatto anche il nostro credere! La missione della Chiesa, come dice papa Francesco nel suo messaggio per la Giornata missionaria mondiale, si fonda sulla forza trasformante del Vangelo, essendo una Buona Notizia destinata a tutti gli uomini, e che «porta in sé una gioia contagiosa perché contiene e offre una vita nuova: quella di Cristo risorto, il quale, comunicando il suo Spirito vivificante, diventa Via, Verità e Vita per noi».

In virtù del suo vitale dinamismo missionario, ispirato dal suo Fondatore, la Chiesa sempre in processo di riforma, rinnova con coraggio e entusiasmo il suo sguardo sull’umano, rilevando con stupore la richiesta di Vangelo che il mondo, anche oggi, le fa. Di fatto Gesù Cristo, mediante l’attività evangelizzatrice della comunità dei credenti, «continua la sua missione di Buon Samaritano, curando le ferite sanguinanti dell’umanità, e di Buon Pastore, cercando senza sosta chi si è smarrito per sentieri contorti e senza mèta».

Vorrei fermarmi ora, solo per un istante, per gettare uno sguardo attento alla realtà che ci avvolge. La messe è davvero molta! Le folle, le moltitudini che accompagnavano l’itinerario missionario del Maestro, assetate di giustizia del Regno e di vita in pienezza, sono quelle che ora stanno davanti ai nostri occhi, al nostro cuore, agire e pensare. La missione si pone al cuore della fede cristiana e genera una visione contemplativa della vita chiedendo a ciascuno di incarnarsi laddove Dio ci pone. Tutti chiamati a generare vita in pienezza.

L’azione missionaria non è un’opera distante da noi, riservata a soli specialisti: noi tutti siamo una missione su questa terra ed è per questo motivo che ci troviamo nel mondo (cfr. EG 273). Che bello sentirsi tutti coinvolti, non solo nel mese missionario, nel comune progetto di diffondere e testimoniare il Vangelo della vita! Che bello pensare e credere che in altri luoghi, sebbene geograficamente lontani o seppur vicini, come quelli delle nostre periferie esistenziali, non manchino esperienze significative che osano testimoniare la forza trasformatrice della Parola. Della Buona vita del Vangelo.

Facciamo, allora, lo sforzo di allargare i nostri orizzonti, di superare barriere mentali, di lasciar spazio alla Grazia e alla potenza dello Spirito di verità che rende liberi. Rinnoviamo anche in questa stagione storica il desiderio di vivere frammenti di profetismo, in cui la Chiesa si senta, insieme a tutti gli uomini di buona volontà, umile protagonista nel contribuire a generare la nuova civiltà che avanza. È un progetto culturale globale e non di cui non possiamo esentarci. Un’opportunità da non lasciarci sfuggire.

Oserei dire, parafrasando Evangelii gaudium: «Amici, non lasciamoci rubare la gioia di annunciare e vivere il Vangelo! Non lasciamoci togliere il dinamismo missionario, la parresia – coraggio, entusiasmo -, così come vissuto dalle prime comunità cristiane! Non è un voltarsi indietro, ma è un continuo esporsi senza paure, perché i cristiani possano collaborare nel sanare la distanza creatasi dall’umano, la frattura tra fede e cultura!»

Infine, un appello rivolto ai giovani, speranza e certezza della missione, a questi «viandanti della fede» (EG 106) che sempre più frequentemente cercano percorsi di aiuto solidale e volontariato internazionale: perché non coinvolgerli nella comune responsabilità e bellezza missionaria partendo dagli itinerari di iniziazione cristiana a loro dedicati? Perché non offrire l’opportunità di crescita di una mistica missionaria nel loro processo educativo? Perché infine non proporre loro, a partire dal territorio, esperienze missionarie attente alle aree periferiche pastoralmente meno raggiunte, sino a suggerire di intraprendere esperienze missionarie significative in altri contesti religiosi e culturali?

Tutto ciò potrebbe essere l’inizio di un nuovo stile di essere Chiesa, meno relegato ai soli gruppi missionari, che tanto e silenziosamente contribuiscono al bene della missione, ma che sia fermento per uno stile più sinodale, per il sorgere di una fraternità missionaria, in cui tutta la comunità credente si senta veramente coinvolta nel far crescere il dinamismo missionario in tutte le sue iniziative.