La preghiera eucaristica termina con la grande dossologia – letteralmente discorso / esclamazione (logos) di gloria (doxa) -, nella quale si compendiano i tratti peculiari di ogni preghiera liturgica: il primato del rendimento di grazie e della lode («ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli»); il dinamismo trinitario, che vede il Padre come destinatario («a te, Dio Padre, onnipotente»), il Figlio come mediatore («per Cristo, con Cristo e in Cristo») e lo Spirito Santo come cooperatore («nell’unità dello Spirito Santo»); l’assenso corale della fede («Amen»).
Per la sua rilevanza nell’ambito della preghiera e della celebrazione eucaristica, almeno nei giorni festivi, questa dossologia andrebbe eseguita in canto, sia nella parte che spetta al sacerdote, sia, soprattutto, nell’«Amen» finale di tutta l’assemblea. È auspicabile che tutte le comunità parrocchiali, le associazioni e i movimenti conoscano almeno un modulo musicale per poterla eseguire in canto.
Alla dossologia, cantata o recitata, si accompagna l’elevazione della patena con l’ostia e il calice: il sacerdote «prende con una mano la patena su cui è l’ostia e con l’altra mano il calice, ed elevandoli insieme, dice: …». Va subito rimarcato il fatto che qui il pane e il vino consacrati, a differenza di quanto avviene dopo la consacrazione, sono elevati «insieme». In questo modo il gesto rituale rafforza il senso delle parole di glorificazione e le parole fanno luce sul valore del gesto rituale.
Possiamo ora provare a mettere in risalto qualcuno dei significati racchiusi in questa terza elevazione della Messa. In primo luogo, l’elevazione simultanea del pane e del vino consacrati favorisce una comprensione eucaristica della mediazione sacerdotale del Figlio, formulata con le parole «per Cristo, con Cristo e in Cristo». La Chiesa glorifica il Padre per mezzo di Colui che si rende presente sotto i segni sacramentali del pane e del vino. Il Cristo, per mezzo del quale, con il quale e nel quale onoriamo il Padre, è lo stesso che si offre sui nostri altari nel sacramento dell’Eucaristia. E come Gesù Cristo ha glorificato il Padre sulla terra, compiendo l’opera che il Padre gli aveva affidato (cfr. Gv 17,4), così in ogni Eucaristia è sempre lui che glorifica il Padre, continuando a compiere l’opera di salvezza che, una volta per sempre, ha realizzato morendo sulla croce e risorgendo dai morti. L’elevazione del pane e del vino consacrati, unita alla dossologia, ci rende perciò consapevoli che, solo unita a Gesù Cristo, la Chiesa può elevare un vero culto alla gloria di Dio. E la Chiesa è unita a Gesù Cristo da un vincolo sacerdotale, battesimale e ordinato, che si rinnova in ogni eucaristia.
Da quest’ultima affermazione possiamo recuperare un secondo significato. L’elevazione simultanea del pane e del vino consacrati fatta dal sacerdote, ma accompagnata e conclusa dall’assenso di fede di tutta l’assemblea, invita a riflettere sulla fruttuosa relazione che deve intercorrere nella Chiesa tra il sacerdozio ordinato e il sacerdozio comune. Se resta vero che non c’è Eucaristia senza un presbitero validamente ordinato che presiede a tutta la preghiera e consacra il pane e il vino portati all’altare, la riforma liturgica ci ha fatto riscoprire il valore della partecipazione attiva, consapevole e piena dei fedeli laici in forza del loro battesimo. Quell’«Amen», che – stando ad alcune espressioni dei Padri della Chiesa – dovrebbe avere il fragore di un tuono che fa tremare tutta la chiesa, diviene il segno di un popolo che vuole partecipare in prima persona e con profonda convinzione al culto che la Chiesa eleva alla gloria di Dio.
Resta infine da raccogliere ancora una volta, come già per l’elevazione dopo la consacrazione, il rimando alla comunione sacramentale. La partecipazione alla vita di Gesù Cristo e alla sua perfetta glorificazione del Padre, avviata con il Battesimo, si rinnova nel tempo per ciascun fedele grazie alla comunione sacramentale. L’elevazione del pane e del vino consacrati per dare forza alla dossologia della Chiesa diventa perciò anche un pressante appello ad accostarci alla mensa del Signore per diventare una sola cosa con lui e tra di noi. Il Padre riceve gloria dal Figlio, ma il Figlio, donandosi a noi come cibo e bevanda, ci rende partecipi di quanto egli compie. Nell’elevazione della patena con l’ostia insieme con il calice c’è dunque un anticipo di quello che potremo fare pienamente (glorificare il Padre) solo quando saremo uniti a Cristo nella comunione al suo corpo e al suo sangue.