Insieme. In dialogo. A Milano. Al termine della prima mattinata di lavori del Comitato scientifico della Fondazione Oasis si sono ritrovati assieme al cardinale Scola, presidente del Comitato, per raccontare la possibilità non solo di un’Europa, ma anche di un mondo in cui prevalgano il dialogo e l’incontro in quel “meticciato di civiltà” con cui proprio l’Arcivescovo descrive l’odierno scenario sociale.
La testimonianza più forte viene dall’arcivescovo di Abuja, cardinale John Onaiyekan, che dalla Nigeria martoriata da violenti attacchi terroristici ha voluto spendere parole che aprono alla possibilità di una convivenza tra fedi religiose diverse: «Noi siamo diventati cristiani e musulmani negli ultimi 100 anni. Siamo tutti convertiti. Nella mia famiglia mio zio è diventato musulmano, mentre mio padre è diventato cristiano. Ma siamo della stessa famiglia. C’è una situazione che si deve anche ricordare, ovvero che la realtà dell’Islam non è uguale dappertutto ed è importante ammetterlo se vogliamo guardare al futuro: non si può pensare con le categorie passate della separazione per guardare avanti».
Il cardinale Scola ha voluto perciò sottolineare ancora quale sia «la speranza per noi europei. Tutti noi sentiamo il peso di aver portato vicende di contraddizioni storiche e siamo precipitati in uno stato di debolezza. Per questo abbiamo un bisogno grande di speranza. Io credo che la strada per un costruttivo rapporto interreligioso e interculturale parta dall’esperienza comune di ogni uomo, assumendola in tutta la sua integralità. Questo implica una presa di posizione forte sul senso della vita».
Sia il vescovo ausiliare del patriarca di Gerusalemme per la Giordania monsignor Maroun Lahham, sia monsignor Bader Ghaleb Moussa, arcivescovo di Algeri, hanno concordato con Scola su questo ultimo aspetto: cercare il dialogo che guardi all’umano, per sedare ogni tentativo di secolarizzazione o fondamentalismo.