Presso la congregazione di Milano delle suore della Carità è stata presentata la nuova edizione della Beata Enrichetta Alfieri Memorie di una ribelle per amore. Libro curato da suor Wandamaria Clerici e suor Maria Guglielma Saibene. Alla presentazione hanno partecipato mons. Ennio Apeciti, curatore di molti libri sulla beata, Carla Bianchi Iacono, figlia di Carlo Bianchi detenuto a San Vittore e fucilato a Fossoli, il prof. Luigi Borgomanero e mons. Giovanni Barbareschi che ha voluto curare la presentazione del libro nella veste di testimone vivente dei fatti narrati e nell’aver conosciuto di persona suor Enrichetta Alfieri.
«Sono uno dei pochi “ribelli per amore” ancora vivente. Questo mi rende un testimone autorevole e mi fa sentire tutta la responsabilità di “passare il testimone”. Ogni squarcio di luce su quegli anni bui della dominazione nazi-fascista in Italia è un dono che viene fatto ai più giovani, alle generazioni che non hanno conosciuto la guerra, la persecuzione razziale e politica, la mancanza di libertà, perché possano conoscere e comprendere. La memoria del passato è un servizio alla verità».
Mons. Barbareschi conobbe suor Enrichetta Alfieri nel carcere di San Vittore a Milano, nella notte del 15 agosto 1944, quando fu «arrestato per aver cercato di portare un aiuto a un convoglio di ebrei in partenza per un campo di concentramento. Sono stato incarcerato proprio quando suor Enrichetta per noi detenuti era la madre. Posso testimoniare che la sua grandezza consiste nell’essere stata una donna, una religiosa, una madre. Essere madre è la qualità più significativa e profonda di una donna che raggiunge la pienezza del suo essere. Il ricordo più bello per me è la fiducia che davamo a lei. Era la persona della quale ci potevamo fidare e non solo noi partigiani, ma tutti. Quando c’è di mezzo la madre, c’è di mezzo la fiducia. Suor Enrichetta è una dei tanti ribelli per amore che hanno sofferto e pagato per la libertà del nostro Paese».
Abbiamo intervistato suor Wandamaria Clerici.
Memorie di una ribelle per amore, il sotto titolo rivela una delle novità di questa nuova edizione presentata da mons. Giovanni Barbareschi?
Abbiamo ripreso la presentazione fatta da don Giovanni Barbareschi, se pur il titolo l’avevamo già pensato da tempo. In effetti suor Enrichetta appartiene al gruppo dei ribelli per amore, che negli anni ‘43/’45 hanno risposto alle provocazioni della storia offrendosi con la loro resistenza attiva. Credo che questa sia la testimonianza che offre ai giovani di oggi i quali hanno bisogno di comprendere che c’è il bene e il male e non si può restare indifferenti. Il grande peccato è l’indifferenza, non avere il coraggio di guardare in faccia la realtà significa non avere la forza di schierarsi da una parte o dall’altra. La ribellione per amore sia sempre uno schierarsi dalla parte del bene in termini di non violenza, di resistenza attiva. Il fatto che sia una donna a farlo all’interno del carcere in modo emblematico, dice quanta forza sia necessaria per poter difendere la libertà, per alzare la voce per chi non ha voce, denunciando chi commette atti di ingiustizia contro la dignità della persona umana e viola i diritti umani. Avremmo voluto dire delle cose più forti, ma se ci pensiamo oggi il mondo è un grande carcere.
In che senso?
Nel senso che i 4/5 delle persone nel mondo sono in uno stato di tirannide, di soggezione, di violenze dei diritti civili. Chi alza la voce per difenderli? I giovani devono schierarsi, bisogna ribellarsi a questa situazione. Don Barbareschi dice che quando cercò di lottare, difendere la libertà e i diritti delle persone, non desiderava certo questo mondo. Quello di oggi non è un mondo giusto, né un mondo dove c’è la libertà.
Perché suor Enrichetta Alfieri è definita donna alternativa?
Io dico donna come italiana, come suora della carità. E’ stata spesso disobbediente alle leggi, alla regola se intendiamo delle interpretazioni molto giuridiche, mentre il suo essere alternativo è dato dal fatto che la legge del Vangelo va oltre le leggi: è la legge. Un cristiano oggi è chiamato ad essere alternativo in nome di Cristo. Il testimone lo è per Cristo. Credo che suor Enrichetta lo abbia dimostrato. La sua serenità, la pace interiore e il suo sorriso dicevano che era dalla parte di Cristo e, per questo, i detenuti
potevano fidarsi. Lei, come tutte le suore, non era schierata per un partito o per chi governava. La forza dell’amore, la sua giustizia, è l’essere alternativi.
Questa storia può dire qualcosa ai giovani di oggi?
È emblematico il fatto che alla presentazione del libro ci fossero tante persone e molti insegnanti. Io sono appassionata di suor Enrichetta da quando avevo vent’anni. E’ affascinante, chi incontra la sua figura resta toccato.
Perché ?
Perché in lei l’umanità è evidente, come la fragilità, il limite, lo scontrarsi e la fatica del vivere, la fatica di fare il bene. Suor Enrichetta dice che è possibile essere giusti anche andando contro se stessi per il Vangelo, per l’uomo. Schierarsi per il Vangelo, per l’uomo è la stessa cosa. Il professore Borgomanero, che ha partecipato alla presentazione del libro, è un ateo. Mi ha confessato che va d’accordo con i religiosi. Nonostante mi sconsigliarono di invitarlo perché non avrebbe mai accettato, dopo il mio invito ha partecipato con entusiasmo alla presentazione del libro. Suor Enrichetta è una grande rompiscatole e oggi queste figure interessano. Io, seguendo le sue orme, sono stata una rompiscatole con tutti, non per suor Enrichetta, ma per proporre dei testimoni. Suor Enrichetta ha rotto le scatole all’aguzzino e torturatore Franz per salvare la vita di una bambina ebrea. C’è voluto un bel coraggio, chissà che fatica ha fatto per questa preghiera. Però ha rotto questo circolo della violenza. Io credo che i giovani abbiano bisogno di vedere dei testimoni che rompano il circolo della violenza.