Dicono che i giorni di pioggia a Rio siano rari, dicono che i giorni freddi a Rio si possano contare su una mano. Come che sia, i giovani a Rio in questi giorni camminano sotto la pioggia, e certo non si soffre il caldo.
Sotto la pioggia i giovani camminano, si mettono in coda, aspettano l’autobus. Sotto la pioggia i giovani cantano, si salutano, lanciano il loro grido d’identità: «Italiano, batti le mani; italiano batti le mani», e dall’altra parte della strada altri giovani sotto la stessa pioggia rispondono con un altro grido, sventolano un’altra bandiera e ricambiano con lo stesso sorriso.
Sotto la pioggia i giovani vanno, presto di mattina, al punto convenuto per la catechesi. Sotto la pioggia i giovani convengono a centinaia di migliaia sulla spiaggia di Copacabana. Sotto la pioggia i giovani si radunano alla fermata dell’autobus nel buio della notte per tornare alle famiglie che li ospitano.
Ma la cosa stupefacente è che sotto la pioggia i giovani non si lamentano, non si tirano indietro, non dicono: «Mah! Oggi piove, meglio che me ne stia in casa».
I giovani non si lamentano, camminano e cantano, camminano e ridono, camminano e salutano tutti, anche sotto la pioggia. Mi sono fatto l’idea che i giovani, quando hanno uno scopo possono sopportare di tutto e non lamentarsi di niente.
Forse è un segreto che si può imparare anche per quando si torna a casa.
Anche se speriamo che domani, come dicono, il sole torni a salutare il Cristo del Corcovado.