È iniziato dalla “fragilità” il cammino in diocesi del cardinale Angelo Scola, che lo porterà nei prossimi giorni a contatto e al confronto con le pluriformi realtà della Grande Milano, cui seguiranno tra ottobre e novembre gli incontri nelle sette Zone pastorali. Partire dalla “fragilità” non è stato però un inizio casuale, ma un gesto voluto, desiderato. Perché la prossimità con il mondo della “fragilità”, nei suoi vent’anni di episcopato, durante le visite pastorali, non lo ha mai delegato a nessuno, incontrando personalmente malati, poveri, senza fissa dimora, extracomunitari, tossicodipendenti, malati di Aids e psichici, anziani nelle case di riposo…
Così è avvenuto anche a Milano, la sera di martedì 27 settembre. La prima uscita del nuovo Arcivescovo, dopo l’ingresso di domenica scorsa in Duomo, ha avuto una meta precisa: la “Sacra Famiglia” di Cesano Boscone, che da 110 anni si prende cura, assiste e riabilita persone affette da gravi disabilità cognitive.
Un luogo emblematico, carico di dolore ma anche di gioiosa dedizione. Prima di recarsi all’appuntamento con i responsabili diocesani e decanali della Caritas, i rappresentanti dei principali Enti e delle Fondazioni assistenziali, gli operatori volontari del mondo ospedaliero e i responsabili delle attività caritative gestite dagli Istituti religiosi, l’Arcivescovo ha voluto incontrare personalmente gli ospiti della “Sacra Famiglia”, in particolare i bambini del reparto “Maria Bambina” e gli anziani del “San Luigi”.
La serata, proseguita poi nella chiesa dell’Istituto, è stata caratterizzata dallo stile del confronto. Dopo il saluto del Vicario episcopale per il settore Carità e Missione, monsignor Luigi Testore, e un momento di preghiera, hanno infatti preso la parola cinque operatori volontari.
Giovanna Fazzini, responsabile della Caritas decanale di Lecco, ha raccontato l’esperienza e la fatica dei volontari dei Centri di ascolto «nell’affrontare problemi ed emergenze, ma anche la gioia di vivere la carità come partecipazione alla missione di Cristo». Alberto Guariso, dell’Associazione “Avvocati per Niente”, si è soffermato «sulla fragilità dei diritti e la mancanza di una rete di protezione sociale; di un diritto che è debole con i forti e forte con i deboli». Luigi Venturini, dell’Unione Samaritana, ha presentato l’esperienza del volontariato ospedaliero «svolta come missione e non come semplice assistenza». Marina Nava, della Fondazione Opera San Francesco ha sottolineato che «lo straordinario del loro lavoro a favore dei poveri sta nella ordinarietà e nella reiterazione dei gesti di accoglienza». Infine, Giovanna Marelli, della Caritas di Erba, è intervenuta sull’emergenza profughi in diocesi e sull’impegno della comunità cristiana «nella fatica reciproca di conoscersi e di imparare a fidarsi reciprocamente».
Gli interventi si prendono quasi un’ora. L’Arcivescovo ascolta e prende appunti. Le sue prime parole sono di «gratitudine come uomo, come cristiano, come vescovo per quanto ho ascoltato, per la ricchezza della vostra dedizione al prossimo e per il dono della gratuità che coniugate ogni giorno e che trova in me un’eco fin dalla giovinezza». Un esempio per quanti «vivono la fede troppo separata dalla quotidianità». Poi estende il suo grazie ai volontari presenti chiamandoli «alfieri del gratuito». E a questo proposito, riprendendo il fil rouge che attraversava tutti e cinque gli interventi, sottolinea «che scopo primario della carità è quello di imparare ad amare, ed ogni cristiano deve educarsi al gratuito nella quotidianità; dobbiamo prendere coscienza che noi più che servire siamo presi a servizio da un Altro che ci mette assieme come qui stasera; questa è comunione, questa è koinonia».
Dopo il grazie, il Cardinale Scola pone l’accento sulla capacità di ascolto che deve contraddistinguere ogni cristiano. Lo ripete tre volte: «Ascolto, ascolto, ascolto», poi aggiunge: «Uno dei guai grossi delle nostre comunità, ma anche della società civile, è quello di non saper ascoltare». Un ascolto non sbadato ma «fecondo e coinvolgente che sappia costruire una società vera, carica di umanità». Di qui l’invito a dare «il nostro contributo senza nulla imporre, bensì proporre», perché tutti – comunità cristiana e società plurale – abbiamo una cosa in comune, «il fatto che dobbiamo stare insieme, vivere insieme» e se si parte da questo valore «ogni azione può trasformarsi in bene». E rivolgendosi nuovamente ai volontari presenti lancia un ultimo incoraggiamento. «Voi siete gli alfieri del gratuito: solidarietà, e dono di sé, unitamente ad ascolto e competenza, fanno di voi non solo buoni cristiani ma cittadini per eccellenza, voi siete i cittadini per eccellenza».
L’applauso sottolinea la sintonia degli operatori con l’Arcivescovo e, scemando, lascia spazio a tre interventi. A Pietro che sottolinea quanto più prossima possa essere la propria fragilità in relazione a quella altrui, il Cardinale suggerisce che «per correggere la fragilità dell’altro occorre proprio partire dalle proprie ferite».
Un diacono della Comunità Archè, osservando le molte “teste bianche” presenti in chiesa si chiede «come si possa comunicare ai giovani quello che ci siamo detti oggi?». «Una domanda buciante» la definisce l’Arcivescovo. «È vero, anch’io dall’altare vedo spesso o capelli bianchi o capelli tinti». Ma i giovani ci sono e sono molti, come « quelli che ho incontrato alla Gmg lo scorso agosto; i giovani vanno coinvolti con semplicità, all’oratorio, nell’associazionismo, nel volontariato».
Infine, a Vittorio, papà di un ragazzo disabile che chiede all’Arcivescovo «di stare vicino in queste situazioni di dolore con la preghiera ma anche con la presenza», il Cardinale risponde con una massima: «Nel dolore mieti».
– Le parole dell’Arcivescovo dopo l’intervento dei cinque volontari (guarda il video)
– Le risposte del card. Scola a tre domande del pubblico (guarda il video)
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