Raccontiamo dunque qualche frammento della storia dello sguardo che riconosce. È una storia che comincia, credo, ancor prima di nascere e non finisce con la morte. La storia dello sguardo che riconosce è così misteriosa e intensa, che si realizza in un’intimità profonda che è accessibile a tutti, a quelli che ci vedono bene e a quelli che hanno problemi di vista e a quelli che non ci vedono.
Eppure per tutti c’è una storia dello sguardo che riconosce.
1. «Si aprirono loro gli occhi e si riconobbero»
C’è un momento in cui lo sguardo riconosce proprio lui, proprio lei: tra i molti c’è una persona sola. È lo sguardo che si innamora. Lo sguardo innamorato riconosce l’altro o l’altra nella sua bellezza, in quel tratto, in quello stile, in quell’attrattiva che diventa talora un’emozione travolgente, una rivelazione beatificante, un motivo di esultanza impagabile. Lo sguardo innamorato alimenta il desiderio irrinunciabile e diventa relazione necessaria per la gioia e la vita.
Lo sguardo innamorato trova che anche le parole semplici sono dichiarazioni di amore. Perciò dice “scusa”, “permesso?”, “grazie” come per dire in mille modi e mille volte al giorno: “Ti amo”.
2. Si aprirono i suoi occhi e la riconobbe o lo riconobbe
C’è un momento in cui lo sguardo innamorato si dissolve e la tempesta emotiva diventa un ricordo, quasi un’esperienza improbabile. Si aprono gli occhi e l’altro o l’altra si rivela nella sua concretezza, nella sua realtà, con i suoi limiti e il suo splendore. Però spesso sono i limiti, i difetti quelli che si notano di più. Sono i tempi dello sguardo scontento. Quando la frequentazione diventa non più appuntamento esaltante, ma vita quotidiana, si aprono gli occhi: ecco lo sguardo del disincanto. E si nota quel tratto che è irritante, quella trascuratezza che è esasperante, quella relazione con la famiglia d’origine, la compagnia degli amici e delle amiche che mette di malumore.
Anche nella vita di coppia, anche tra un uomo e una donna seri e determinati a costruire una bella famiglia, bisogna fare i conti con lo sguardo del disincanto. L’altro o l’altra si rivela un po’ una delusione e perciò ci sono momenti in cui l’amore diventa pazienza per quello che non si può cambiare, perdono dopo che si è litigato, confidenza dopo momenti di mutismo.
Allora le parole “scusa”, “permesso?”, “grazie” possono ridursi ad essere parole di un galateo, parole senza sentimento, formalità di gente educata.
3. Si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero e si riconobbero
C’è la grazia di incontrare il viandante misterioso che si affianca sul cammino quando si cammina con il volto triste e l’animo deluso. Gesù si accompagna ai discepoli delusi e li conduce fino ad Emmaus ed allo spezzare del pane si aprirono loro gli occhi. È lo sguardo di Pasqua.
È lo sguardo d’amore: nello sguardo d’amore abita lo sguardo innamorato, ma anche lo sguardo del disincanto ed abita la luce del Risorto. La persona amata si illumina della luce di Gesù, si riconosce nella persona amata il tempio dello Spirito Santo. Lo sguardo d’amore è lo sguardo della fedeltà gioiosa, della maternità e paternità piene di stupore, di gratitudine e di dedizione. Lo sguardo d’amore è lo sguardo che sa riconoscere l’opera di Dio in casa e fuori casa e vive la vita come il pellegrinaggio verso il compimento della vocazione, pellegrini di speranza.
Lo sguardo d’amore riconosce e rivela la dignità di ogni persona e riconosce che nel cuore umano abita la capacità di amare secondo lo Spirito di Dio. Perciò diventa speranza per il mondo, perché accoglie il comandamento di Gesù («Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri»: Gv 13,34) non come un ordine, ma come una promessa.
Allora le parole “scusa”, “permesso?”, “grazie” sono pronunciate come una benedizione: Dio è nostro alleato per costruire il nostro rapporto nella luce della Pasqua; sono pronunciate come una rivelazione: ti vedo nella luce del Signore, mi interessa di te, sei preziosa o prezioso per me; sono pronunciate come un affidamento: mi fido di te, so che puoi perdonarmi, aiutarmi, darmi gioia.