All’inizio dei quaranta giorni che conducono verso la morte e Risurrezione del Signore, il richiamo a comprendere fino in fondo l’amore senza fine di Cristo che vince la morte, definisce il senso della riflessione proposta dal cardinale Scola alle migliaia di fedeli riuniti in Duomo, appunto, per la Celebrazione della I Domenica della Quaresima ambrosiana. Tempo di penitenza – che significa scendere nel profondo del proprio animo –, di conversione e di cambiamento di stili di vita, per comprendere che non di soli beni visibili e materiali vive l’uomo. In una parola, “Non di solo pane” come dice il Vangelo di Matteo. Una questione su cui impegnarsi, specie – sottolinea il Cardinale –, «avendo in vista il grande evento dell’Expo per il quale tutti dobbiamo contribuire personalmente e comunitariamente affinché il bellissimo tema sul nutrimento del pianeta faccia comprendere il dramma della fame di tanti poveri nel mondo».
Un invito che diviene monito in riferimento al Vangelo di questa I Domenica di Quaresima che, descrivendo la lotta nel deserto tra Gesù e il diavolo, è esempio per tutti. «Gesù ci dice che salverà il mondo non escludendo Dio dalla vita, come se il “pane”, cioè i beni mondani, bastassero da soli a saziare la fame del cuore dell’uomo; non lo salverà per la via del potere, del successo e del consenso universale. Il Signore non si è lasciato trasportare sui pinnacoli dell’orgoglio e dell’idolatria perché la cima su cui vorrà salire sarà il Calvario dove si lascerà innalzare sul palo ignominioso della Croce». Ammonimento prezioso in ogni tempo, ma che oggi si fa cruciale «per noi uomini europei in questo doloroso passaggio di millennio», in cui la «la gravità della situazione geopolitica mondiale» rende ancor più urgente l’interrogativo su quale Europa vogliamo davvero edificare e vivere. «I terribili fatti accaduti – scandisce, infatti, Scola – devono costringerci a questa domanda e rimandare a un’altra, da porsi con altrettanta sincerità: se questa nuova Europa, necessaria per risollevarci dalla stanchezza e dalla frammentazione, è possibile nella dimenticanza di Dio». Dimenticanza che è, appunto, quell’ “aver perduto la strada di casa” che proprio nella Quaresima può trovare un periodo privilegiato per ricordare, con le semplici parole che accompagnano il Rito delle Imposizione delle Ceneri, che polvere siamo e polvere ritorneremo. «È salutare, come facevamo i nostri vecchi, meditare sulla provvisorietà della vita e sulla morte, ma ancora più decisivo è accogliere l’invito della formula più recente che la Chiesa ci propone nell’Imposizione delle Ceneri: “Convertitevi e credete al Vangelo”. Questa formula ci riapre alla speranza attraverso la conversione a Gesù che risorgendo ha impresso dinamismo nuovo anche alla nostra vita terrena e ha fatto intendere che la morte, per quanto dura da accogliere, non sarà l’ultima parola». Atto, questo, che nasce dalla conversione quaresimale che è, anzitutto, decisione di fede incondizionata nella passione, morte e risurrezione di nostro Signore».
Da qui, la scelta di una sobrietà degli stili di vita, nella preghiera, penitenza, digiuno, astinenza e carità, che la Quaresima propone «non per una mortificazione fine a se stessa, ma per affermare un bene più grande», “la consolazione del Signore”, come scrive il profeta Isaia, appena proclamato nella Liturgia della Parola.
Dunque, nel cammino penitenziale ciò che «viene rinnovata» è la nostra stessa «identità cristiana», al di là dell’usura quotidiana delle continue tentazioni portate alla nostra debolezza. Una rinascita sempre possibile attraverso, sottolinea il Cardinale, una triplice scansione: «L’uomo che ritorna sincero con se stesso e rientra in sé, essendo chiamato a conoscersi in verità piena; in secondo luogo, una rinnovata esperienza della misericordia di Dio per cui la linfa vitale della grazia del battesimo – a cui fa costante riferimento la liturgia ambrosiana di Quaresima – riprende a circolare nell’anima e, infine, un percorso di conversione e di penitenza che ci riporti alla vera comunione con i nostri fratelli».
E se, come dice ancora la pagine del Vangelo di Matteo, il tentatore si vince solo con “le armi della preghiera e del digiuno”, «in questo tempo privilegiato di Quaresima cerchiamo di dare maggior spazio alla preghiera liturgica e personale, all’ascolto della Parola di Dio, alla pratica della Via Crucis. Raccomando – aggiunge l’Arcivescovo – una più generosa partecipazione alla Messa dei giorni feriali: in particolare accostiamoci al sacramento della Riconciliazione, il gesto con cui Cristo afferra il nostro essere e lo cambia, donandoci pace. Pratichiamo una carità evangelica più fattiva, accogliamo chi è nel bisogno con una partecipazione più attenta alle numerose necessità dei fratelli vicini e lontani, attraverso le modalità che articolazioni come la Caritas ci indicano».
E, a conclusione dell’omelia, l’espressione citata è quella del Messaggio di papa Francesco per la Quaresima: “Il mondo tende a chiudersi in se stesso e a chiudere quella porta attraverso la quale Dio entra nel mondo e il mondo in Lui. Così la mano, che è la Chiesa, non deve mai sorprendersi se viene respinta, schiacciata e ferita”. «Con questo realismo che il Santo Padre ci insegna, cominciamo il nostro volonterosi e lieto cammino di penitenza in vista della Pasqua».
Poi, il Rito dell’Imposizione delle Ceneri, con il penitenziere maggiore della Cattedrale, monsignor Meana, che le impone al Cardinale, il quale, a sua volta, compie il gesto sui Canonici del Capitolo metropolitano e con loro e con i sacerdoti concelebranti, ripete l’Imposizione sulla gente la quale, numerosissima, si avvicina all’Altare maggiore.
«Ci inoltriamo nel cammino quaresimale impegnandoci a comunicare a tanti fratelli dimentichi della strada di casa la bellezza di questo cammino che ci conduce alla Pasqua», raccomanda, ancora, l’Arcivescovo prima del saluto affettuosissimo dei fedeli tutti e della Comunità pastorale “Santa Croce” di Garbagnate Milanese con tanti bimbi e ragazzi che gli si fanno intorno gioiosamente.