Pubblichiamo la parte conclusiva del nuovo libro del cardinale Dionigi Tettamanzi Dalla tua mano. San Carlo, un riformatore inattuale (Rizzoli, 176 pagine, 14 euro), da pochi giorni in libreria. In occasione del IV centenario della canonizzazione di San Carlo, il libro è una riflessione personale che l’Arcivescovo di Milano fa a proposito del suo predecessore, incrociando la propria biografia con quella del Borromeo, ripercorrendo l’influenza che il Santo ebbe in Schuster, Montini e Colombo e aprendo alla riflessione sull’attualità della sua figura. Ne pubblichiamo la conclusione
Per me tu sei attuale. Erano necessarie le parole di questo colloquio con san Carlo perché mi è più semplice ora sostare sull’interrogativo posto circa la sua attualità o inattualità di grande riformatore e grande santo. Di nuovo riprendo lo stile dello scambio epistolare. Per me tu sei attuale: anche quest’ultima fatica ne vuole essere un segno, una prova. Sei attuale, nel senso più alto, perché sei santo, e così sei diventato e rimani una ricchezza spirituale e culturale per la Chiesa, dunque per tutti e per sempre: anche per me ora. Ma in che senso la tua attualità dipende dalla tua santità? Non tanto per le forme – per ogni forma – secondo cui hai vissuto e hai manifestato la tua santità, la tua vita spirituale, la tua pietas, il tuo amore per Dio e per il prossimo, quanto per il tuo animus, il tuo cuore, la tua carità: di te si dice che non sei stato un mistico, ma che la tua “vita nello Spirito” si è svolta con una intensità eccezionale. È la tua esemplarità e la tua efficacia che ti fanno attuale: i tuoi esempi – da quelli quotidiani e normali a quelli straordinari ed eroici – sono la luce che illumina e la forza che attrae e affascina quanti li conoscono e li ricordano; e ciò che fa parte della vita eterna di un santo può toccare realmente la nostra vita attraverso la sua intercessione, ossia l’aiuto che per noi può ottenere da Dio. La preghiera dei beati ha sempre, secondo i disegno di Dio, la sua efficacia a nostro favore. L’attualità non la riconosco solo a te, che sei santo, ma la riconosco anche a me, come un compito che mi viene affidato, come un impegno che sono chiamato ad assumere. È un fatto che mi interpella, che mi sollecita nella libertà, che richiama la mia responsabilità. Di fronte alla tua esemplarità e alla tua efficacia, io devo prendere posizione: la tua attualità dipende anche da me. Ma sino a che punto? ti chiedo. Sì, più volte ritrovo nella tua figura e nella tua opera non pochi elementi di inattualità. Uno o due su tutti: le evidenti esagerazioni penitenziali e l’uso dell’autorità in forme problematiche o negative di fronte a persone variamente colpevoli. Mi domando però se questi elementi non siano in qualche modo ambivalenti, nel senso che la stessa inattualità può stimolare l’entrata nella via del bene e il cammino verso la santità. Penso che l’inattualità di alcuni elementi da un lato dispensi o proibisca di seguirli, dall’altro possa farsi stimolo pedagogico a un impegno più forte, a una generosità più grande, a qualche gesto che ha dell’eroico. Anche l’inattualità può dunque avere un suo volto positivo: è invito a non accontentarsi troppo sbrigativamente, a non rimanere fermi nel cammino spirituale, a osare di più! Vedo comunque che non è semplice sciogliere l’interrogativo sulla attualità/inattualità di una figura e di un’opera come la tua. Non mi è consentito banalizzarlo o ridurlo ai soli dati storici e umani. Penso che potrebbe essere di non piccola utilità fare un parallelismo con il Vangelo. Spesso nel presentarne la vita ricorro all’immagine del santo come di «una pagina di Vangelo trascritta nella storia». E del Vangelo che cosa possiamo o dobbiamo dire? È attuale o inattuale? O non piuttosto attuale e inattuale insieme? È attuale per i piccoli, come dice Gesù: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascoste queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza» (Mt 11,25-26). Ed è inattuale per i grandi, chiamati a seguire Gesù fino sulla croce, a vivere la “carta costituzionale” cristiana – quella delle beatitudini evangeliche -, a essere «perfetti come è perfetto il Padre celeste» (Mt 5,48).