Prete da mezzo secolo. A dirlo fa un poco impressione, ma qualcuno, tra quanti festeggiano in questi giorni il proprio cinquantesimo di sacerdozio – martedì 28 giugno il cardinale Scola presiederà per loro l’Eucaristia alle 10 e li incontrerà nel Santuario della Beata Vergine Addolorata di Rho – ci tiene a sottolineare proprio così l’anniversario: «Prete da mezzo secolo». Anzi, don Sergio Terribile, parroco ai Santi Quattro Evangelisti di Milano, ha calcolato anche i giorni: 18.263, perché, per l’esattezza, i presbiteri della classe 1966 furono ordinati dal cardinale Colombo il 28 giugno. «Un numero che mi colpisce, certo – confessa -, ma che dice la bellezza di un Ministero svolto, appunto, giorno per giorno, con molta serenità e tranquillità anche nei momenti difficili che non mancano mai, fatto di cose semplici e soprattutto del rapporto con le persone».
Parole cui fa eco don Sante Torretta, uno dei 74 ordinati quel sabato, anche lui parroco a Milano, nella popolosa parrocchia di San Pietro in Sala: «Ho vissuto bene, condividendo il mondo, come mi piace pensare. Il cardinale Colombo nell’omelia disse: “Voi siete uomini contesi tra Dio e il mondo”, offrendoci il criterio per essere “in mezzo” al mondo, ma per non essere del mondo e quasi respirando quella Gaudium et Spes che è condivisione delle gioie e delle speranze degli uomini».
Per questo radicarsi tra la gente gli incarichi pastorali ricoperti sono stati importanti, conferma don Terribile: «Sono stato un anno Vicerettore in Collegio, poi Vicario parrocchiale in tre diverse realtà e parroco in altre tre parrocchie. Quindi ho sperimentato una notevole varietà, ma direi che il filo conduttore unico è stato proprio il rapporto con la gente. Al di là dei numeri, si vedono volti, si condividono situazioni, problemi, nell’accoglienza e nella stima reciproca».
Don Torretta, da parte sua, racconta: «Ho fatto il coadiutore a Santa Maria del Rosario, in anni storici come il Sessantotto, poi, con il terrorismo, la morte di Walter Tobagi, la vicina piazza Napoli che era il punto di partenza dei cortei. Ho vissuto facendo il prete della gioventù. Dopo sono stato parroco a Casorate Primo e da dieci anni in San Pietro in Sala. Tutto mi ha arricchito».
E cosa dire allora a chi che è diventato prete solo due settimane fa? «Di essere contento, di avere la pazienza della scoperta del sacerdozio, perché all’inizio, che sia bello si sa, ma in teoria: in pratica è ancora più bello», risponde don Sergio. «Direi di andare avanti con grande fiducia – riflette don Sante – e di vivere felice perché prima c’è Cristo e Lui non molla mai: lo ha chiamato amandolo».
Si parla spesso della solitudine del sacerdote. L’hanno avvertita nel tempo? Don Torretta: «Per fortuna, no, mai. Però vorrei notare che tra preti si fa fatica: bisognerebbe crescere nella fraternità». «Io – spiega invece don Terribile – distinguerei tra solitudine, che fa parte della vita di tutti, e isolamento, che personalmente non ho mai provato. Essere soli, talvolta è anche prezioso per noi».
Il loro motto, magnifico, era «Sacerdote come fratello in mezzo ai fratelli». Non a caso preso da una frase del Concilio: «Il sacerdote è in mezzo agli uomini come un fratello in mezzo ai fratelli».