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Gazzada

«Più della metà dei giovani
crede ancora nell’Europa»

I dati del “Rapporto” dell'Istituto Toniolo al centro del convegno in calendario a Villa Cagnola in due sessioni (16 e 30 marzo) sul tema “L’Europa è ancora il nostro futuro?”

20 Febbraio 2014

La maggioranza dei giovani italiani boccia i partiti del Parlamento italiano, ma non l’Europa. Benché siano fortemente critiche nei confronti delle istituzioni comunitarie, le nuove generazioni sperano in un rilancio del progetto europeo e continuano a vedere nell’Europa il luogo delle opportunità di studio e di lavoro.

Questo è quello che emerge dai dati del Rapporto giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo raccolti da Ipsos a febbraio 2014 su un campione rappresentativo di 1638 giovani italiani tra i 18 e i 29 anni. La ricerca sarà al centro del convegno, organizzato dalla Diocesi di Milano, il 16 e il 30 marzo a Villa Cagnola di Gazzada (Varese) “L’Europa è ancora il nostro futuro”. Durate le due sezioni interverranno dalle ore 16 (domenica 16 marzo) monsignor Luca Bressan (vicario episcopale per la Cultura, Carità e Azione sociale dell’Arcidiocesi di Milano), il dott. Emiliano Sironi (ricercatore in Demografia e Statistiche sociali all’Università Cattolica di Milano), monsignor Duarte Nuno Queiroz de Barros da Cunha (segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee), Gianfranco Brunelli (direttore responsabile de «Il Regno»). Nella seconda sessione (30 marzo), sempre dalle ore 16 don Eros Monti (direttore di Villa Cagnola), padre Giacomo Costa S.J. (direttore di «Aggiornamenti Sociali») e Paolo Magri (vicepresidente esecutivo e direttore dell’Istituto di Studi di Politica Internazionale).

Secondo la ricerca l’atteggiamento dei giovani italiani verso l’Unione Europea è critico come nel resto della popolazione; il giudizio è però meno negativo rispetto a quello dato verso le nostre istituzioni nazionali. Se infatti alla richiesta di assegnare un voto da 1 a 10, la maggioranza boccia sia i partiti che il Parlamento italiano, “solo” il 44% dà un’insufficienza all’operato della Ue. Prevalgono quindi i voti positivi, anche se solo il 12% si dichiara pienamente soddisfatto (da 8 in su). Pur, quindi, nella critica rimane comunque una apertura di credito.

Una dei limiti maggiori è il fatto che finora l’Europa è apparsa più un insieme di parametri e vincoli burocratici (il 70% condivide questa opinione) che un reale luogo delle opportunità. Tuttavia, più che bocciare il progetto europeo le nuove generazioni italiane auspicano semmai un rilancio. Solo il 22% si contrappone ad una unione politica che arrivi a formare gli Stati Uniti d’Europa (il 21,5% non si esprime, e la netta maggioranza è favorevole). Solo poco più di un giovane su quattro vede i vincoli prevalere sulle prospettive positive che l’Europa apre. Oltre li 60% adotta invece un atteggiamento propositivo, pronto a riconoscere e cogliere invece le opportunità anche in termini di occasioni di studio e lavoro in altri Paesi. Un po’ meno ampia è invece l’apertura verso la mobilità da Paesi extra comunitari. Il 36,3% ne ha una visione negativa, contro però il 52,8% che la considera complessivamente positiva.

Secondo il professor Alessandro Rosina, curatore dell’indagine dell’Istituto Toniolo, «le nuove generazioni italiane sembrano avere introiettato l’idea di una multi appartenenza, che assieme al luogo di nascita contempla anche un sentimento radicato di destino comune europeo. Sono consapevoli dei limiti che questo progetto ha sin qui avuto, ma più che tornare indietro esiste una forte voglia di guardare avanti. Questo significa che le nuove generazioni possono essere le migliori alleate, se incoraggiate nel loro protagonismo positivo, per un progetto credibile di rilancio del progetto europeo».

Padre Costa: «Pensare dinamicamente il futuro»

Tra i relatori, come detto padre Giacomo Costa, gesuita, direttore della rivista Aggiornamenti Sociali, che così spiega il significato complessivo dell’iniziativa: «Mi pare importante interrogarsi sull’Europa e non solo perché sono alle porte le elezioni europee. Da una parte, non vi è nulla da inventare e si tratta, semmai, di guardare con riconoscenza a ciò che è stato costruito in questi decenni in termini di pace, tutela dei diritti e rispetto tra i popoli; dall’altra, nella crisi in atto, occorre riflettere su un modello di sviluppo sociale ed economico sostenibile».

Si inserisce qui anche il contributo che i cristiani possono offrire?
Certamente. Ricordo che più volte anche i Vescovi europei hanno preso posizione su questo. Naturalmente l’obiettivo è tentare di comprendere come andare avanti insieme, anche a partire da punti di vista diversi, preservando il tesoro di giustizia sociale che si è generato in Europa. Vedere le difficoltà, oggi, di questo percorso sospeso tra economia, sviluppo e giustizia sociale, significa di fatto interrogarsi anche su opposti meccanismi di chiusura e di autodifesa dei popoli all’interno della Ue.

Occorre, insomma, avere una visione di insieme e di lungo respiro?
Non si può dare per scontato il “progetto Europa”, ma non si può nemmeno andare avanti con letture antieuropeiste proposte in chiave di politica nazionale. Questo è un terzo aspetto fondamentale: approfondire il progetto europeo di lungo periodo, per pensare, anche come cristiani, dinamicamente il futuro.

Molti dei Padri fondatori dell’Europa erano, infatti, credenti…
Non si può dimenticare che, uscendo dalla guerra, alcune grandi personalità di estrazione e ispirazione cristiana osarono pensare “l’impensabile”. Oggi ci appare tutto prevedibile, ma l’avventura di un’Europa unita non era e non è per nulla scontata: non capirlo è uno dei problemi attuali. (Annamaria Braccini)

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