1. L’inestirpabile desiderio di pace.
La gente vuole la pace, la gente sogna la pace, la gente ama vivere in pace, la gente celebra le sue feste con allegria tranquilla e fa tardi la notte e si diverte spensierata nelle terre dove abita la pace.
La gente vuole la pace. Di fatto, però, le nazioni si fanno guerra, un seme di violenza è radicato nel cuore dell’uomo e della storia e risulta inestirpabile, come inestirpabile è il desiderio della pace.
2. Sogni di pace.
Nella storia passata e nel nostro tempo in molti modi si sono sviluppati progetti di pace.
In ogni epoca della storia, forse anche nei nostri tempi, si sono affacciati alla ribalta del mondo persone e potenze che professavano propositi di pace, spesso facendo la guerra: io farò la pace, noi faremo la pace. Ecco come si fa la pace: quando un unico padrone governa il mondo, quando tutti i popoli sono sudditi di un unico impero. Ai tempi di Augusto imperatore fu posta in senato a Roma la statua della vittoria: ecco, Roma ha vinto! Ecco la dea Vittoria ha dato a Roma il governo del mondo! adesso possiamo celebrare la pace. Le legioni romane, l’esercito più potente del mondo, aveva trasformato i popoli in sudditi convinti con la violenza delle armi a rinunciare alla libertà per aver salva la vita. ecco come si fa la pace: se un prepotente conquista tutto il mondo. E la storia racconta che ad ogni prepotente segue un altro prepotente e la guerra continua, sui campi di battaglia, o sui mercati, o negli abissi oscuri dove si organizzano delitti, continua la guerra di quelli che vogliono fare della pace un sogno per giustificare la prepotenza e la guerra.
Nella memoria mitica dei tempi di Ambrogio e di ogni tempo alcuni si immaginano che la pace sia garantita della tradizione, dalla coscienza dell’appartenenza a una tradizione e a una cultura, dalla forza di una identità. Così ai tempi di Ambrogio si rivendicava l’antica tradizione di Roma, la memoria dei padri, raccontata come una favola per dire che l’unità dell’impero, se non è garantita dall’unico imperatore, può essere garantita dall’uniformità della cultura, dalla condivisione di una tradizione. Chi tocca le tradizioni, chi introduce novità frantuma l’unità di un popolo, causa divisioni. Ecco il segreto della pace: essere tutti uguali, parlare la stessa lingua, pensare gli stessi pensieri.
3. La pace donata all’amore che raduna i popoli.
Gesù rivela ai discepoli la sua missione di pace: per questo è venuto, per dare la sua vita perché tutti i figli di Dio diventino un solo gregge, guidati da un solo pastore, l’agnello immolato.
Gesù raduna nel popolo della pace tutti i figli di Dio non come gli imperatori che minacciano la vita degli altri se non si sottomettono, ma come l’amore che si fa servo di tutti e offre la sua vita, perché tutti vivano della vita di Dio.
Gesù invita a percorrere le vie della pace non come un invito a rinunciare alla propria testa per pensare tutti le stesse cose e dire tutti le stesse parole, ma come la risposta alla vocazione che chiama a condividere i propri doni, a offrire la propria originalità perché il popolo della pace sia ricco delle ricchezze di tutti i popoli.
Paolo raccoglie il messaggio di Gesù e riconosce in lui l’attuarsi della volontà di Dio, il mistero nascosto da secoli in Dio, creatore dell’universo e cioè che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo, a essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo.
4. Percorrere le vie della pace.
Dunque per i discepoli di Gesù la pace è una vocazione piuttosto che una situazione. La pace desiderata è un dono e richiede l’umiltà della riconoscenza piuttosto che la presunzione di una conquista. La pace è la responsabilità della risposta al Signore che chiama, piuttosto che il frutto di una conquista.
Ambrogio ha percorso le vie della pace, con la sua paziente diplomazia nel cercare la riconciliazione tra i potenti sempre in guerra tra loro, con la sua incisiva predicazione a chiamare i milanesi alla vita cristiana, con la sua testimonianza di mitezza e di determinazione, di lungimiranza e di apprezzamento delle tradizioni, di realismo e di fiducia.
La festa del patrono ispiri pensieri di pace, incoraggi tra noi la fiducia e la determinazione a percorrere le vie della pace, piuttosto che l’apprensione e lo scoraggiamento che le troppe guerre seminano nell’umanità
Ascoltiamo la parola dell’unico pastore che invita tutti non a sognare la pace, ma a essere uomini e donne operatori di pace in ogni ambiente in cui viviamo, in ogni responsabilità che siamo chiamati a esercitare. Beati gli operatori di pace, sono i figli di Dio.