Una celebrazione gioiosa, intensa e molto partecipata, quella che si è svolta mercoledì sera nella Basilica di Santa Maria Assunta a Gallarate, dove ciascun Decanato della Zona pastorale di Varese ha consegnato nelle mani dell’arcivescovo Dionigi Tettamanzi la propria “Carta di comunione per la missione” e la “Regola di vita” di presbiteri e diaconi.
A sorpresa è arrivato anche il cittadino più illustre di Gallarate, il cardinale Carlo Maria Martini, che ha voluto portare il suo saluto a Tettamanzi e a tutti i decani arrivati alla celebrazione. Ed è stato poi lo stesso Arcivescovo a raccontare ai fedeli il suo dialogo con Martini, ricordando che «il cammino verso una maggiore comunione e corresponsabilità, per rispondere sempre meglio alla missione della Chiesa, si pone in continuità con il Sinodo diocesano e, quindi, con il Magistero dell’Arcivescovo emerito di Milano, che per questo ha voluto portare di persona il suo saluto».
Tra canti, preghiere di intercessione e poi le parole del Cardinale, che ha ringraziato per il lavoro svolto e per lo sforzo sincero di condivisione e corresponsabilità, maturato nei decanati, i momenti di maggiore intensità sono certamente stati quelli in cui le varie delegazioni di preti e laici si sono accostate a Tettamanzi per mettere fra le sue mani i documenti redatti nei mesi scorsi.
Un lavoro lungo e impegnativo, che ha dato frutti preziosi, come ha tenuto a sottolineare il Vicario episcopale di zona, monsignor Luigi Stucchi: «Posso dire che ogni testo è frutto di un vero esercizio di comunione, anche se non sempre con la stessa ampiezza e profondità di coinvolgimento: dentro ci sono la gioia e insieme la fatica di dare un volto e uno stile più corrispondenti al mistero di comunione che è la Chiesa, al cammino di ogni decanato, ma anche le tracce, i limiti e le incertezze derivanti dal fatto che ognuno è chiamato a rimettersi in gioco in un orizzonte più ampio e con forme diverse da come siamo stati abituati».
Stucchi, che ha avuto “in anteprima” le Carte dei decanati del Varesotto (per ora ne sono arrivate dieci su undici) e le ha lette con attenzione, ha sottolineato che «forse non sempre siamo riusciti a coniugare in sintesi lo sguardo sulla situazione, la lettura e il discernimento per i passi da compiere, l’elenco degli adempimenti, la configurazione nuova dello stesso territorio, ma sono stati compiuti passi significativi e il passaggio dalla comunione all’esercizio concreto della corresponsabilità per nuove forme di ministerialità – insieme alla configurazione in Comunità pastorale delle diverse parrocchie, con l’apertura di spazi di partecipazione dei laici più incisivi e decisivi – è ormai un dato acquisito e coltivato: si tratta ora di moltiplicare le proposte formative al riguardo e di accompagnare le persone con gioioso coraggio e fiduciosa apertura».
E poi un passaggio sulle Regole di vita dei ministri ordinati: «Pur nella loro bellezza ideale penso che abbiano maggiormente bisogno di coraggio da parte dei ministri, sacerdoti e diaconi, perché la regola trovi spazi concreti e precisi per generare uno stile complessivo e diffuso, sapendo che anche tutti i nostri fedeli devono aprirsi a una nuova misura di valutazione del ministero stesso, una misura cioè più rispondente al nuovo modo-metodo-stile di lavoro pastorale, anche perché è e dovrà essere sempre più un lavoro pastorale condiviso, frutto di un sapiente discernimento esercitato insieme».
A sua volta il cardinale Tettamanzi, intervenendo in conclusione della celebrazione, ha molto insistito sugli elementi di fondo del cammino delle varie comunità della diocesi: «Comunione e corresponsabilità – ha ripetuto più volte – devono essere con tutti, preti, laici, diaconi, religiose e religiosi, e non solo all’interno di ciascuno di questi ministeri». Questi modi di essere, sentire e fare la Chiesa devono crescere e diffondersi sempre più, ha ribadito l’Arcivescovo, proprio per rispondere meglio alla missione della Chiesa stessa.
Per tutti i presenti, tra i quali moltissimi sacerdoti e i laici membri dei Consigli pastorali decanali, certamente la sensazione più diffusa era quella di aver toccato un approdo importante in quel lungo cammino di consapevolezza che l’Arcivescovo ha tracciato negli ultimi anni, circa i cambiamenti importanti da imprimere alla vita della Chiesa locale, nel senso della pastorale d’insieme, con le Comunità pastorali e di una sempre più seria e concreta corresponsabilità fra preti e laici nella missione ecclesiale.
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