In un contesto di grande e «approfondita riflessione ecclesiale» e di «un processo sinodale» che culminerà nel prossimo ottobre con il Sinodo ordinario, Papa Francesco indica la famiglia come «punto di riferimento» anche per la 49ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali (17 maggio 2015).
Non è la prima volta che il tema della Giornata viene dedicato alla famiglia: era già avvenuto nel 1969 con Paolo VI e per ben quattro volte con Giovanni Paolo II (1979, 1980, 1994 e 2004). La decisione di Bergoglio richiama, per certi versi, quella di Wojtyla nel 1980: anche allora il Papa dedicò il messaggio alla famiglia in vista del Sinodo. A distanza di 35 anni la scelta si rinnova, ma con una prospettiva nuova che emerge già dal tema: «Comunicare la famiglia: ambiente privilegiato dell’incontro nella gratuità dell’amore». Un approccio, quindi, decisamente antropologico. Del resto, spiega il Pontefice, «la famiglia è il primo luogo dove impariamo a comunicare. Tornare a questo momento originario ci può aiutare sia a rendere la comunicazione più autentica e umana, sia a guardare la famiglia da un nuovo punto di vista».
La prima scuola
A fare da sfondo, come nel 2014, è un’icona evangelica: la visita di Maria a Elisabetta. «Questo episodio – afferma Francesco – ci mostra la comunicazione come un dialogo che s’intreccia con il linguaggio del corpo». Al saluto di Maria, infatti, il bambino sussulta nel grembo di Elisabetta. «Il grembo che ci ospita – sottolinea il Pontefice – è la prima “scuola” di comunicazione». E «anche dopo essere venuti al mondo restiamo in un certo senso in un “grembo”, che è la famiglia. Un grembo fatto di persone diverse, in relazione». È qui che si comprende quel «circuito virtuoso» – «possiamo dare perché abbiamo ricevuto» – che «sta al cuore della capacità della famiglia di comunicarsi e di comunicare». In famiglia, inoltre, s’impara «la dimensione religiosa della comunicazione, che nel cristianesimo è tutta impregnata di amore». Ancora: nella famiglia si capisce «che cosa è veramente la comunicazione come scoperta e costruzione di prossimità». Sia all’interno, sia all’esterno dei rapporti familiari. Il verbo “visitare” dell’icona evangelica, infatti, «comporta aprire le porte»: «Anche la famiglia è viva se respira aprendosi oltre se stessa, e le famiglie che fanno questo possono dare conforto e speranza alle famiglie più ferite e far crescere la Chiesa».
I limiti, il perdono, i nuovi media
Nel messaggio il Pontefice non tralascia «i limiti». Non c’è «la famiglia perfetta – ammette -, ma non bisogna avere paura dell’imperfezione, della fragilità, nemmeno dei conflitti; bisogna imparare ad affrontarli in maniera costruttiva. Per questo la famiglia in cui, con i propri limiti e peccati, ci si vuole bene, diventa una scuola di perdono». Anche questo, aggiunge, «è una dinamica di comunicazione». A proposito di «limiti e comunicazione», Francesco ricorda «le famiglie con figli segnati da una o più disabilità» che «hanno tanto da insegnarci». Nel mondo attuale, poi, «dove così spesso si maledice, si parla male, si semina zizzania, s’inquina con le chiacchiere il nostro ambiente umano, la famiglia può essere una scuola di comunicazione come benedizione» per «testimoniare che il bene è sempre possibile». Un altro nodo critico è rappresentato dai nuovi media – «irrinunciabili soprattutto per i più giovani» – i quali «possono sia ostacolare che aiutare la comunicazione in famiglia e tra famiglie». Anche qui, ricorda il Papa, «i genitori sono i primi educatori. Ma non vanno lasciati soli; la comunità cristiana è chiamata ad affiancarli perché sappiano insegnare ai figli a vivere nell’ambiente comunicativo secondo i criteri della dignità della persona umana e del bene comune».
La sfida del raccontare
In definitiva, per il Santo Padre, «la sfida» odierna consiste nel «reimparare a raccontare, non semplicemente a produrre e consumare informazione». Al riguardo, papa Francesco critica la rappresentazione della famiglia che molto spesso emerge dai media. Anzitutto, precisa, «la famiglia non è un oggetto sul quale si comunicano delle opinioni o un terreno sul quale combattere battaglie ideologiche, ma un ambiente in cui si impara a comunicare nella prossimità e un soggetto che comunica». La famiglia «continua a essere una grande risorsa, e non solo un problema o un’istituzione in crisi». Invece, «i media tendono a volte a presentare la famiglia come se fosse un modello astratto da accettare o rifiutare, da difendere o attaccare», più che «una realtà concreta da vivere; o come se fosse un’ideologia di qualcuno contro qualcun altro, invece che il luogo dove tutti impariamo che cosa significa comunicare nell’amore ricevuto e donato». Ecco, allora, che «raccontare significa comprendere che le nostre vite sono intrecciate in una trama unitaria, che le voci sono molteplici e ciascuna è insostituibile». La famiglia al centro, dunque… Con la consapevolezza che «la famiglia più bella, protagonista e non problema, è quella che sa comunicare, partendo dalla testimonianza, la bellezza e la ricchezza del rapporto tra uomo e donna, e di quello tra genitori e figli».