È l’amore di Dio «solido come una roccia» la «ferma speranza»sulla quale «si può ricostruire». È il monito lanciato da Benedetto XVI a Rovereto sulla Secchia alle popolazioni colpite dal terremoto. Il Santo Padre ha salutato vescovi e sacerdoti, «rappresentanti delle diverse realtà religiose e sociali», forze dell’ordine e «soprattutto – ha rimarcato a braccio – i volontari» per la loro «testimonianza concreta di solidarietà e di unità». Nel discorso, intervallato dagli applausi della folla, un ricordo lo ha rivolto a don Ivan Martini, «rendendo omaggio alla sua memoria». «Sulle macerie del dopoguerra – non solo materiali – l’Italia è stata ricostruita certamente grazie anche ad aiuti ricevuti, ma soprattutto grazie alla fede di tanta gente – ha ricordato il Pontefice – animata da spirito di vera solidarietà, dalla volontà di dare un futuro alle famiglie, un futuro di libertà e di pace».
«Voi – ha aggiunto – siete gente che tutti gli italiani stimano per la vostra umanità e socievolezza, per la laboriosità unita alla giovialità. Tutto ciò è ora messo a dura prova da questa situazione, ma essa non deve e non può intaccare quello che voi siete come popolo, la vostra storia e la vostra cultura. Rimanete fedeli alla vostra vocazione di gente fraterna e solidale, e affronterete ogni cosa con pazienza e determinazione, respingendo le tentazioni che purtroppo sono connesse a questi momenti di debolezza e di bisogno».
«Non siete e non sarete soli», ha quindi affermato Benedetto XVI. «In questi giorni, in mezzo a tanta distruzione e dolore, voi avete visto e sentito – ha ricordato – come tanta gente si è mossa per esprimervi vicinanza, solidarietà, affetto; e questo attraverso tanti segni e aiuti concreti. La mia presenza in mezzo a voi vuole essere uno di questi segni di amore e di speranza. Guardando le vostre terre ho provato profonda commozione davanti a tante ferite, ma ho visto anche tante mani che le vogliono curare insieme a voi; ho visto che la vita ricomincia, vuole ricominciare con forza e coraggio, e questo è il segno più bello e luminoso». Infine, dal Pontefice «un forte appello alle istituzioni»e «a ogni cittadino a essere, pur nelle difficoltà del momento, come il buon samaritano del Vangelo che non passa indifferente davanti a chi è nel bisogno, ma, con amore, si china, soccorre, rimane accanto, facendosi carico fino in fondo delle necessità dell’altro».
«La Chiesa – ha concluso – vi è vicina e vi sarà vicina con la sua preghiera e con l’aiuto concreto delle sue organizzazioni, in particolare della Caritas, che s’impegnerà anche nella ricostruzione del tessuto comunitario delle parrocchie».
«Pur così duramente flagellato, questo popolo sta trovando l’unità più vera e profonda». Lo ha riconosciuto l’arcivescovo di Bologna, card. Carlo Caffarra, portando questa mattina a Rovereto sulla Secchia il saluto dei vescovi emiliano romagnoli a Benedetto XVI. «Siamo stati investiti da un’immane tragedia. Questo popolo – ha affermato – ha perduto ciò che aveva di più caro: le sue case, le sue chiese, i suoi municipi, i luoghi del lavoro».
Il porporato ha citato la «testimonianza eroica di condivisione della sofferenza dei loro fedeli»data durante queste settimane dai sacerdoti; la «sapienza e instancabile dedizione»delle autorità civili e militari, che «cercano in ogni modo di rendere meno disagevole l’attuale situazione»; «i meravigliosi volontari che si spendono senza misura». «Ci aiuti, Santo Padre, con la sua presenza e con le sue parole – ha concluso – a vivere questo momento così triste e faticoso nella luce della fede e della speranza che non delude».