Premessa.
In questo inizio d’anno tre notizie mi sono parse particolarmente significative per il tema che stiamo trattando.
La produzione e messa in vendita di un lap top a 100$ destinato ad essere venduto e diffuso nei paesi più poveri del mondo per consentire anche in quelle realtà la possibilità di entrare nella rete e con essa nella comunicazione a livello globale.
L’accordo tra il Ministro delle Comunicazioni ed il Ministro della Difesa per la messa a disposizione delle frequenze necessarie allo sviluppo della rete Wi Max: una nuova tecnologia che consentirà, così è l’auspicio del governo, di estendere la banda larga in mobilità a tutto il paese entro i prossimi 5 anni.
L’uscita nelle sale italiane di "Apocalypto" il nuovo film di Mel Gibson senza alcuna limitazione ai minori, nonostante la violenza di molte immagini, diversamente da quanto è stato fatto in altri Paesi.
Queste tre notizie sono emblematiche degli scenari che si prefigurano e dei temi centrali che il mondo della comunicazione pone alla nostra attenzione.
La prima notizia ci riporta al tema dell’ulteriore estensione dei confini della rete e del superamento del digital o technological divide in modo da includere in questo processo di sviluppo, di innovazione e di conoscenza strati sempre più ampi della popolazione, superando differenze geografiche, economiche, sociali e di età.
La seconda notizia ci ricorda come la prospettiva che ci attende, in tempi sempre più brevi, sia quella di collegamenti sempre più rapidi, in ogni momento ed in ogni luogo e di un’interattività crescente: sono in corso i primi esperimenti di televisione on demand via internet.
La terza notizia ci riporta con sconcerto al tema antico e sempre attuale di quali confini etici devono presidiare le scelte dei produttori, dei programmisti, degli ascoltatori, quale responsabilità deve essere assunta da tutti noi, soprattutto quando è in discussione il diritto inviolabile alla dignità umana e dei minori in particolare. Spiace anche vedere che la questione sia emersa polemicamente solo per il film di M. Gibbson, un regista sempre molto discusso, ma che sotto silenzio sono passate analoghe decisioni di non vietare ai minori di 18 anni film esclusivamente basati sulla violenza più gratuita come ad esempio Non aprite quella porta o videogiochi per le playstation ancora più pericolosi.
Se il progresso della tecnologia abolisce o riduce le distanze, se ciò che accade in luoghi lontani ci è noto quasi in tempo reale, ciò trasforma anche il nostro rapporto con il mondo vicino, con il nostro quotidiano, con lo stesso spazio domestico, con lo steso tessuto famigliare. Ci indigniamo, giustamente, per ciò che accade all’altro capo del mondo e magari ignoriamo il dramma che coinvolge il nostro vicino di casa: un’ottica ribaltata che l’umanità ha messo a fuoco gradualmente. Già dal tempo dell’invenzione del telegrafo si posero alcuni problemi i cui interrogativi sono vivi anche oggi. Il fascino del tutto e subito, la ricerca del maggior numero di informazioni in tempo reale, il desiderio di vedere la realtà in diretta esercitano effetti positivi, sulla diffusione delle idee, sullo sviluppo delle conoscenze, sul fare uscire dall’ombra situazioni insopportabili per l’umanità, sullo sviluppo della democrazia. Non è un caso che alcuni paesi, come ad esempio la Birmania o Myanmar, come l’hanno ribattezzata i generali, dove governano dittature, l’uso di internet e persino del telefono siano di fatto vietati. Ma la rapidità della conoscenza, la bulimia delle notizie, la vita in diretta indeboliscono quel filtro che è necessario per decodificare la realtà, per meglio comprenderla, per assumere un giudizio critico, semplicemente per farsi un’opinione.
Una persona attiva che cerca di essere informata ormai si alza ascoltando la radio, apre il telefonino e vi trova le ultime notizie, arriva in ufficio e cerca aggiornamenti di quanto ha appreso, su internet, o leggendo giornali o riviste, ripercorre questo filo anche più volte nella giornata e normalmente conclude la giornata con la televisione. Pluralità di mezzi, immediatezza, quantità di stimoli, rapidità di decisione, sempre meno tempo per la riflessione.
Se questo riguarda il mondo degli adulti ancora più forte è l’influsso sul mondo dei bambini. Se guardiamo l’agenda dei nostri bambini ci pare a volte più piena di quella di un manager ed anche la scuola ha seguito questo ritmo. Basti pensare al passaggio dalla maestra unica alla pluralità di insegnanti che popolano le giornate dei nostri bambini. Eppure dentro questa agenda ricca molto è ancora il tempo dedicato allo schermo. Bambini cresciuti con la televisione ed ora con screen media ossia con computer e televisione e telefonino. la prima generazione multitasking: bambini che passano da un gioco on line allo scambio di SMS, dalla playstation ad internet, scaricano musica, notizie, filmati, condividono esperienze.
Si abbassa l’età per l’accesso ad internet ed alla rete delle comunicazioni ma la televisione, almeno fino ad una certa età, continua ad esercitare un fascino ed un influsso. L’ultima nata in America è Baby-First TV, un canale satellitare dedicato ai più piccoli, dai 6 mesi ai 3 anni, 40 programmi al costo di 9,99 $ al mese. In Italia il successo delle piattaforme a pagamento è stato decretato, oltre che dal calcio, dai canali dedicati ai bambini.
Un popolo di consumatori polimediali, che richiede contenuti utilizzabili su tutte le piattaforme, bambini che dal punto di vista tecnologico sono più avanti dei loro educatori, ma resi più vulnerabili proprio dalla padronanza dello strumento. Quelli che per la mia generazione rimangono strumenti dei quali non si può prescindere, ma comunque strumenti al cui accesso si arriva a volte con difficoltà, per le nuove generazioni sono giochi conosciuti, strumenti che fanno parte dell’esperienza quotidiana, giocattoli amici, come la vecchia bambola i puffi, il lego, i puzzle. Perché quindi dovrebbero essere diffidenti?
Tutto ciò ci porta al cuore del problema: quali contenuti, quali programmi, quali responsabilità, quale ruolo per gli adulti?
Quale TV per i bambini e ragazzi.
Come Comitato regionale per le comunicazioni – Corecom – della Lombardia, siamo organo di consulenza della Regione e contemporaneamente organo funzionale dell’Autorità. Abbiamo quindi il compito, tra gli altri, di vigilare a livello locale affinché le emittenti rispettino le norme poste a presidio della tutela dei minori.
Ed è proprio nello svolgere questo compito che ci siamo accorti di quanto sia ridotta l’attenzione nei confronti dei minori e di quanto sia insufficiente la programmazione ad essi dedicata, sia come tipologia di prodotti, sia come possibilità di scelta nei vari momenti della programmazione, se si escludono ovviamente i canali tematici a pagamento.
Siamo quindi andati a vedere cosa succede soprattutto in Europa, per capire quali tendenze sono in atto e per far circolare idee e proposte, oltre che ovviamente per suscitare attenzione e stimolare i produttori ed i network nazionali e locali.
In questa carrellata abbiamo rilevato con grande soddisfazione che nonostante il numero elevato di prodotti americani e giapponesi, in Europa ed in Italia alcuni dei programmi più popolari sono ancora fiction ben radicate nella cultura dove vivono i bambini, dove i bambini si riconoscono, dove i bambini hanno un ruolo attivo. Quali i prodotti più significativi?
In primo luogo le news: Il primo programma è stato inventato dalla Bbc e si chiama "Newsround" per un pubblico tra gli 8 e i 14 anni, successivamente, nel 1996, sia la Germania con "Logo" della Zdf sia la Rai con il "TG Ragazzi", hanno avviato questa esperienza, che possiamo ritrovare, con format differenti, sia in Olanda, che in Belgio, che in Finlandia, in Croazia ed in altri paesi. Esperienze tutte di successo.
Perché questo genere sia importante appare evidente: la molteplicità di mezzi messi a disposizione espone i ragazzi, nel bene e nel male, a sapere ciò che avviene nel mondo che li circonda. Spesso gli avvenimenti sono crudi, a volte terribili: dalle catastrofi provocate dalla natura alle sciagure provocate dagli uomini, dai drammi singoli alle tragedie collettive. E’ quindi importante, oltre alla attenzione che non va mai abbassata nel trasmettere queste notizie per tutti, offrire ai bambini ed ai ragazzi strumenti per capire, con un linguaggio a loro più consono. E’ importante coinvolgerli nella rielaborazione delle notizie, per aiutarli a superare sgomento e paura, a maturare nel contempo consapevolezza e capacità di giudizio, a delineare i confini tra positivo e negativo, tra ciò che è bene e ciò che non lo è, tra responsabilità individuale e etica collettiva.
Perché non sperimentare questo strumento anche nelle programmazioni televisive a livello locale, perché non sperimentare queste formule nei momenti di vita collettiva. Realizzare immagini fotografiche o piccoli filmati con il telefonino e poi magari metterli in rete non è di per sé né un male né un bene. Dipende da cosa si riprende, come lo si fa, con quale obiettivo e con quale consapevolezza. E qui interviene con forza la responsabilità degli adulti.
Il secondo genere che ovviamente è fortemente presente è la fiction: l’invenzione narrativa, la fiaba reinventata con nuovi mezzi. Un modo per rappresentare situazioni sia della vita reale, sia dell’immaginario, anche situazioni a volte difficili, piccoli e grandi drammi, dall’amicizia tradita, alle difficoltà familiari, facendoli vivere ai giovani protagonisti in modo da aiutarli a superarli. Generi tradizionali e genere nuovi. dalla sit com, al protagonismo dei bambini, anche i più piccoli, con esperienze che si spingono fino al reality.
Esperienze che in alcuni casi hanno fatto discutere, come l’inversione dei ruoli tra bambini e genitori o appunto i confini del reality. Esperienze comunque interessanti e significative per l’attenzione riservata alla sensibilità dei minori, al loro mondo, allla loro voglia di essere protagonisti.
Non abbiamo considerato i cartoni, in quanto genere per eccellenza e tradizionale dedicato ai bambini, genere ricco di prodotti ottimi e prodotti molto discutibili.
Abbiamo quindi cercato anche di capire cosa si possa intendere per produzione di qualità, rispettosa del minore, delle sue esigenze, della sua crescita. Certamente prodotti che tengano conto delle loro esigenze, ma soprattutto molteplicità e differenziazione nella programmazione.
Questo è quanto abbiamo chiesto ai grandi e ai piccoli network.
Il diritto sancito all’articolo 1 della carta dell’Unione Europea all’inviolabilità della dignità umana, non ha confini né geografici, né sociali, né di età, ma certamente ha una declinazione più stringente quando si tratta di minori. A loro è e va riservata una tutela la cui superiorità può arrivare a limitare altre tutele pur fondamentali: dal diritto di cronaca che è chiamato a fare un passo indietro rispetto al diritto alla riservatezza del minore, alla libertà di espressione che vede un vincolo nella diffusione di opere anche dell’ingegno quando possono in qualche modo compromettere il minore.
Sono questi principi che già venivano affermati più di 50 anni fa nella Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, laddove riconoscendo "l’importante funzione svolta dai mass media" si impegnano gli Stati ad "assicurare che il fanciullo abbia acceso ad informazioni e a programmi provenienti da diverse fonti nazionali ed internazionali in particolare a quelli che mirano a promuovere il suo benessere sociale, spirituale, e morale nonché la sua salute fisica e mentale".
Molteplicità e differenziazione sono elementi che hanno valore certamente per gli adulti, ma ancora di più per i bambini. Ad essi va dedicata sia una programmazione specifica, sia un’attenzione generale.
Cosa si può quindi intendere per programmazione specifica: attenzione alla peculiarità del pubblico, sensibilità e delicatezza nel trattare gli argomenti, anche quelli più difficili, presentare situazioni che appartengano al loro mondo e occasioni di identificazione positiva con i personaggi, chiarezza del linguaggio, fantasia, riferimento a valori universali condivisi.
Molteplicità e differenziazione anche sul piano dei palinsesti. Certamente la fascia protetta è quella nella quale si presume che i bambini guardino la televisione da soli e quindi quella alla quale dare più attenzione, ma avere anche altri momenti non deve servire per mettere il bambino ancora da solo davanti alla televisione, ma magari per poter guardare la televisione assieme ai genitori, per capire e condividere. Certo questa scelta oggi è possibile grazie ai canali tematici, ma a pagamento. E questo è un limite che da una parte stimola la pigrizia degli adulti: pago ho un prodotto protetto e quindi posso lasciare mio figlio solo davanti alla televisione con minori preoccupazioni, dall’altra esclude ancora fasce sociali ampie, magari proprio quelle più sprovvedute.
La responsabilità degli adulti.
La responsabilità, come si è già detto dei produttori, dei programmisti e dei network è grande ed evidente. Durante uno dei convegni che abbiamo promosso durante la tre giorni dedicata alla tv per i ragazzi alla Triennale di Milano, è emersa la disponibilità dei grandi network a lavorare congiuntamente con chi ha la responsabilità educativa per produrre stimoli positivi che possano portare a prodotti migliori per i bambini.
Abbiamo assunto l’impegno di farci promotori di questo tavolo di confronto e lo faremo per non lasciare nulla di intentato.
Siamo consapevoli degli aspetti economici del problema e non li vogliamo eludere. Sappiamo che i bambini rappresentano un grande business quando si tratta di promuovere prodotti a loro dedicati, perché dimenticarli quando si costruiscono i palinsesti. Così come non vogliamo una televisione che si sostituisca alla scuola o alla famiglia, consapevoli che il suo ruolo é principalmente quello di divertire. Ma far divertire non significa essere sguaiati e diseducativi.
Responsabilità degli autori e dei produttori ma anche degli educatori. In primo luogo la famiglia, spesso spaventata e disorientata di fronte all’irruzione di nuovi mezzi e di nuovi stimoli, che va compresa ed aiutata ma anche stimolata a svolgere appieno il suo ruolo. Alcune cose sono possibili e non richiedono particolari competenze.
In primo luogo il tempo: non lasciamo rubare tutto il tempo libero dei nostri figli dalle immagini sullo schermo. E possibile porre limitazioni sensate alla fruizione. Uno degli strumenti più forti rimane senza dubbio quello di proporre alternative valide. E’ entusiasmante sperimentare come i bambini possano essere affascinati dalla lettura da parte di un adulto delle vecchie favole e di come sappiano riconoscere in questo non solo un bel modo per divertirsi ma soprattutto l’attenzione che gli adulti dedicano loro in questo modo.
Così come è possibile selezionare cosa proporre e lasciar vedere e condividere almeno ogni tanto la visione dei loro programmi.
Certo anche in questo caso la ricetta nella sua semplicità è disarmante: dedicare ai bambini tempo ed attenzione. Ma pur nella consapevolezza che nelle cose semplici si annidano le insidie più pungenti: sappiamo tutti come anche per i genitori il tempo e l’attenzione siano risorse preziose di fronte alle urgenze quotidiane, ma sono l’investimento più redditizio per la crescita dei propri figli.
Responsabilità degli autori, dei genitori ma anche degli educatori in genere dagli insegnati a chi opera con i bambini. E qui siamo in una sede dove sono presenti rappresentanti di quella ricchezza educativa e sociale rappresentata dagli oratori.
Anche per loro è importante il convincimento che la fruizione delle immagini non è in contrapposizione con la lettura, gli educatori possono esercitare un ruolo primario nell’aiutare i bambini ed i ragazzi a comprendere i messaggi ed i meccanismi. Uno dei modi sicuramente più consono per raggiungere questo risultato è favorire il protagonismo responsabile dei ragazzi anche su questo terreno. Fortunatamente sono numerose le esperienze nelle scuole e nelle comunità educative di realizzazione di prodotti multimediali. Un modo ormai poco costoso per affrontare i problemi decodificando ed utilizzando strumenti ormai familiari ai nostri bambini e ragazzi.
Una considerazione conclusiva.
Certamente esiste un aspetto autonormativo che si riferisce all’esperienza dei codici di autoregolamentazione e dei codici deontologici, certamente esiste un aspetto normativo, tanto che l’ultima legge di sistema sui media ha dato valore di norma a quelli che fino a quel momento erano solo codici di autoregolamentazione, ma la rapidità dell’evoluzione tecnologica e contenutistica: si sta sperimentando la TV on demand via internet rende il tema sempre meno gestibile se affidato solo al profilo giuridico.
Sempre più è chiamata in causa la responsabilità etica di ognuno di noi. Fortunatamente la tutela dei minori è un tema sul quale esiste una convergenza estesa e profonda tra un’etica che discende da istanze e convincimenti religiosi ed un’etica che trae alimento dai principi laici dell’illuminismo.