Domenica 30 agosto si celebra, a Bobbio, il XVIII meeting internazionale delle Comunità Colombaniane (info >>). La circostanza è particolarmente significativa poiché quest’anno ricorre il XIV centenario della morte di San Colombano. Alle 17 a presiedere l’Eucarestia sarà il Card. Angelo Scola, nominato da papa Francesco – per l’occasione – Suo Inviato Speciale.
L’Arcivescovo aveva già incontrato nel 2012 – per il periodico raduno – i fedeli che si richiamano alla spiritualità del monaco irlandese, quando li accolse nella Basilica di S. Marco nel capoluogo ambrosiano.
I legami tra il santo pellegrino e la Lombardia – in specie Milano – sono però ben più radicati e meno occasionali di quanto si pensi, nonostante i luoghi di devozione a lui dedicati non costellino il territorio. In ambito Milanese, ad esempio, ricordiamo la chiesa di San Colombano a Vaprio d’Adda e quella più nota di San Colombano al Lambro, luogo natale del beato Carlo Gnocchi, prete ambrosiano. Quest’ultima cittadina è legata ecclesiasticamente alla diocesi di Lodi, ma amministrativamente è inserita nella Città Metropolitana.
Di là dalle testimonianze degli edifici, Colombano lasciò nel milanese un segno che – seppur immateriale – resta perpetuo. Appena giunto in città fu incaricato di adoperarsi per sanare una eresia (detta dei «Tre capitoli») che attanagliava la Chiesa universale del tempo. Non riuscì a ricucire lo strappo in tutto il territorio dell’impero, ma ottenne almeno che la Chiesa ambrosiana ritornasse alla ortodossia.
Biografia
Colombano («Colomba bianca») nacque a Navan nel 542. Fu un monaco missionario irlandese, noto per aver fondato numerosi monasteri e chiese in Europa.
Ancor giovane, lasciò la sua casa per unirsi al grande movimento monastico dell’epoca. A Cleenis e a Bangor, nel Nord dell’isola, ricevette la prima istruzione come religioso.
Successivamente, con i suoi compagni, approdò sulla costa della Bretagna. In Francia, tra le altre, fondò la grande Abbazia di Annegray e quella di Luxeuil, dove passò 20 anni della sua vita. Dopo viaggi e vicissitudini, tra cui l’esilio, Colombano e il sodale Gallo aprirono alcune comunità sulla sponda meridionale del lago di Costanza. Gallo – da cui il nome dell’omonimo Cantone – si fermò nella zona sino alla morte. Attraversate le Alpi, invece, Colombano giunse a Milano dove i governanti Longobardi gli donarono dei terreni presso Bobbio. Qui – dopo aver eretto la famosa abbazia, che accoglie ancora oggi i suoi resti – morì nel 615.
Spiritualità
Assai ricca, e portatrice di novità, è la spiritualità colombaniana. I punti nodali trovano continuità e cittadinanza anche oggi. Li elenchiamo soltanto, evocando quanto frutto potrebbe dare un loro approfondimento.
La prima dimensione da richiamare è quella ecumenica. Colombano infatti è venerato come santo sia dalla Chiesa cattolica, sia da quella ortodossa, sia da quella anglicana.
Profetica poi è la passione che il monaco dimostra per una Europa unita. Una passione che emerge dalla rete di monasteri fondati nel continente, ma che si esplicita anche attraverso un richiamo documentale. In uno scritto (Lettera II) San Colombano, ad esempio, esorta gli europei ad essere un unico popolo, un corpo solo, unito dalle radici cristiane; superando così le barriere etniche e culturali. Fu proprio questo santo che, per primo, riferendosi ai singoli Paesi li descrisse come parti «Totius Europae», cioè di tutta l’ Europa.
Un’altra intuizione colombaniana, giunta sino ad oggi, è quella relativa al sacramento della penitenza. L’abate stese una regola monastica generale per i suoi compagni. La norma fu in seguito assimilata a quella benedettina e poi definitivamente abrogata. Rimase pratica acquisita, però, l’introduzione della confessione privata in sostituzione di quella pubblica. A tal riguardo è degno di menzione anche l’approccio per l’esame di coscienza. Il Penitenziale di Colombano era scandito non dai Comandamenti, ma dal Discorso della Montagna.
Infine, in un contesto di forte mobilità come l’attuale, non si può trascurare l’esemplarità itinerante di Colombano. Ciò potrebbe portare a descriverlo anche come «martire». La storia conosce infatti almeno tre forme di martirio: quello bianco, quello rosso e quello verde.
Il primo consiste nell’abbandono di tutto ciò che un uomo ama a causa di Dio; il secondo, più noto, richiede la testimonianza della fede sino al dono del sangue; il terzo è stato associato frequentemente invece proprio ai viandanti. Un «pellegrino di Cristo» – come si definiva Colombano – affronta fatiche, digiuni e angustie a causa del cammino, e li sopporta e offre per la conversione propria e per quella dei fedeli a cui rivolge la predicazione.
Via Colombaniana
A proposito di percorsi, recentemente si è costituita l’Associazione europea del Cammino di san Colombano. Unisce 7 Paesi: Irlanda, Regno Unito, Francia, Germania, Svizzera, Austria e Italia.
Il tracciato ricalca quello seguito – tra il VI e il VII secolo – proprio dal monaco irlandese.
Alcuni tratti sono individuati con maggiore sicurezza. Altri lasciano aperte diverse ipotesi. Una pluralità di possibilità, ad esempio, è quella riferibile al passaggio delle Alpi. Quale strada intraprese Colombano per valicare le montagne e raggiungere prima Milano e poi Bobbio?
La guida «Sulle Orme di San Colombano, dal Bodensee a Bobbio» ( http://www.camminideuropa.eu/public/documents/BROCHURE_ORME.pdf ) – un percorso proposto dall’associazione Homo Viator – predilige la linea che attraversa il Passo dello Spluga sino a Chiavenna e che continua lungo la sponda lecchese del lago di Como, il fiume Adda e il Naviglio della Martesana. Per uscire dal capoluogo lombardo, alla volta di Bobbio, suggerisce invece l’asse della roggia Vettabbia.
Di là dalle certezze geografiche, ci sembra di rilievo spirituale indubbio la possibilità di conoscere il santo attraverso la fisicità di un percorso, un approccio sempre più richiesto oggi da molti pellegrini. Una pista inserita in una rete che apre orizzonti alla mente ed al cuore.