- La visita pastorale.
La visita pastorale è l’occasione per dirvi: voi mi siete cari. Voi mi state a cuore. Normalmente il vescovo esprime la sua sollecitudine per le comunità inviando i preti e coloro che ricevono dal vescovo il mandato di prendersi cura della Chiesa nel territorio. La visita pastorale è l’occasione per dirlo di persona.
La visita pastorale è l’occasione per esprimere la dimensione diocesana della nostra Chiesa. L’unico vescovo visita le parrocchie perché è a servizio dell’unità della Chiesa e invita a riconoscere, ad apprezzare, a essere fieri di essere parte di questa Chiesa diocesana, di questa presenza della Chiesa nel territorio che è la città / decanato di Sesto e in questo avvio di più definita pastorale di insieme con la parrocchia di San Giorgio.
Secondo quanto scrive il Consiglio Pastorale Parrocchiale, la parrocchia, innestata nel tessuto urbano, si è andata anch’essa trasformando, mantenendo comunque un carattere popolare e al contempo familiare. … In questo si avverte una sfida dalle molteplici sfaccettature: da un lato la nostalgia delle persone che hanno visto nascere e crescere in questo luogo un quartiere e una città in mutamento, dall’altro il tema dell’inclusione degli “stranieri”. … Nonostante questo la parrocchia rimane un segno di una presenza credente e gratuita, un tassello costitutivo dell’identità del quartiere, ma soprattutto un luogo che racconta il Vangelo. … una tenda nel deserto che ha e dona spazio … al centro il cuore della nostra fede, con il Signore Gesù nell’Eucaristia e sulla croce (Testo per l’incontro con il Consiglio Pastorale – p.1)
La visita pastorale è per condividere l’ascolto della Parola che è stata annunciata in questa celebrazione eucaristica per domandarci: che cosa dice il Signore a questa comunità, in questa città, in questo tempo di Chiesa?
- Tu non dovrai più piangere (Is 30,18ss)
Ha pianto troppo l’umanità. Troppe lacrime oggi sui volti della gente, dei bambini, degli adulti, degli anziani. Troppo dolore sulla faccia della terra.
Ma i pellegrini di speranza, cioè coloro che rispondono alla chiamata del Signore e si mettono in cammino, non si accontentano di elencare i motivi di tante lacrime e di raccontare dei disastri inflitti all’umanità e alla terra da troppa cattiveria, da troppa ottusità, da una natura troppo spietata.
Non si accontentano di registrare disastri e dolori. I pellegrini di speranza hanno una parola da dire da parte di Dio: tu non dovrai più piangere!
Vengono infatti da parte di Dio, come il profeta Isaia, per annunciare la consolazione e la salvezza che viene dal Signore. I pellegrini di speranza cantano il salmo: Il Signore rimane fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati. Il Signore libera i prigionieri … (Sal 145).
- Noi infatti non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore (2Cor 4,1ss?)
Sono forse dei sognatori? Sono degli ingenui? Sono presuntuosi che pensano di avere soluzioni e rimedi per tutti i disastri e i dolori?
Piuttosto i pellegrini di speranza sono gente sincera e non parlano di sé e non contano su proprie forze o astuzie: “… non ci perdiamo d’animo. … abbiamo rifiutato le dissimulazioni vergognose… annunciando apertamente la verità e presentandoci davanti a ogni coscienza umana, al cospetto di Dio … Noi infatti non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore” (2Cor 4,1ss).
Ecco che cosa hanno da dire: Gesù e la sua salvezza.
Può succedere che i discepoli di Gesù siano reticenti proprio a proposito di Gesù: hanno molte parole buone da dire, hanno analisi interessanti da confrontare, si propongono come compagni di viaggio di molti con gesti di amicizia e di solidarietà, hanno buoni consigli e parole sapienti. Ma sanno dire di Gesù? Trovano le parole e le occasioni per dare testimonianza a Gesù? Fanno capire di essere discepoli di Gesù, salvati da lui, consolati, ricolmati di gioia per la sua presenza?
- L’amico dello sposo esulta di gioia
I discepoli di speranza esultano per la voce dello sposo, come fanno gli amici dello sposo, come fa Giovanni il precursore che battezzava a Ennòn, vicino a Salim.
La gioia per la presenza di Gesù è il modo irrinunciabile per comunicare la fede e per consolare l’umanità in lacrime.
La gioia cristiana non è una “gioia qualsiasi”, non viene da una qualsiasi parte, dalla voce dello sposo. Viene cioè dell’ascolto della parola di Gesù, al quale Giovanni ha dato testimonianza. La sua presenza e la sua opera sono la rivelazione che compie le promesse dei profeti, tu non dovrai più piangere.
Ma i cristiani sono contenti di essere cristiani?
- Questa è la strada, percorretela.
I tuoi occhi vedranno il maestro, i tuoi orecchi sentiranno la parola dietro di te: “Questa è la strada, percorretela”, caso mai andiate a destra o sinistra.
Infatti Gesù è la via: se vuoi giungere alla terra promessa, cammina in Gesù, che è la via. Se vuoi essere pellegrino di speranza, percorri segui Gesù, che è la via. Se vuoi raggiungere i fratelli e le sorelle per asciugare le loro lacrime e annunciare la liberazione, lasciati condurre da Gesù che è la via.
In conclusione per poter dire alla gente: “tu non dovrai più piangere”, noi abbiamo solo questo:
- Annunciare Gesù;
- Irradiare la gioia della presenza di Gesù, lo sposo che si annuncia;
- Percorrere la via che è Gesù, vivere come lui, dimorare in lui.