Giovedì 11 novembre 1965 il beato Paolo VI inaugurò la nuova sede del Pontificio Seminario Lombardo in Roma, ove egli stesso era stato come alunno nel suo primo anno di sacerdozio (1920-1921) e ne aveva posta la prima pietra il 10 febbraio 1963, quattro mesi prima di diventare Papa.
Paolo VI, ancora arcivescovo, aveva voluto un edificio nuovo, moderno, che sostituisse l’ormai vetusto, seppure solenne, edificio donato da Pio XI, un altro ex alunno di quel glorioso Seminario. Questi aveva voluto che il Lombardo sorgesse e Paolo VI volle che rimanesse «all’ombra mistica della Basilica di Santa Maria Maggiore» e sotto la protezione della Salus populi romani, cui papa Francesco è particolarmente devoto.
Paolo VI fu essenziale nel decantare la bellezza dell’edificio, perché disse con il suo consueto tono appassionato agli alunni: «Voi siete veramente il Seminario Lombardo; voi lo dovete spiritualmente in voi stessi realizzare».
E indicò i sentieri, su cui il Seminario Lombardo doveva incamminarsi: «Il Seminario non è una pensione; è una comunità che ha una sua fisionomia, una sua nobiltà, una sua storia, voi siete eredi d’una tradizione, qualificata dai Santi, cui il Seminario s’intitola».
Come sant’Ambrogio e san Carlo, dunque, gli alunni non dovevano temere la fatica, l’ascesi pastorale dello studio, cui erano stati destinati: «Solo l’ossequio ad una severa disciplina, purché saggia e conscia dei suoi fini, plasma veramente l’uomo; non la molle facilità d’un tirocinio senza sforzo ascetico […] Non si fa da sé il ministro di Cristo!».
Erano e sono sacerdoti mandati al Lombardo dai vescovi, perché si preparassero per il servizio delle loro diocesi. Di qui occorreva il massimo del loro impegno e il meglio del loro entusiasmo e della loro intelligenza: «Qua si viene, non per rimanere, ma per ritornare alle vostre rispettive stazioni di partenza; qui si dimora e si lavora […] in vista dei bisogni delle vostre diocesi; qui si è di presenza, ma col cuore, fin d’ora, al posto di ministero che vi sarà destinato». E concluse: «Quest’impegno che guarda al futuro si chiama amore, si chiama fedeltà, si chiama servizio, si chiama vocazione, si chiama sacrificio. Ciascuno il suo».
È per custodire questa memoria che papa Francesco riceve in udienza la Comunità del Pontificio Seminario Lombardo, guidata dal cardinale Scola e da mons. Mario Delpini, in rappresentanza di tutti i vescovi sia quelli lombardi sia di tutti i vescovi che hanno qualche loro presbitero al Lombardo.
Attualmente essi sono più di 60: 36 dalle Regioni dell’Italia Settentrionale (nove ambrosiani), 11 dall’Italia Centro-Meridionale, 9 dalle Isole, 7e dei quali dalla Sicilia. Altri 7 studenti provengono dall’estero, dall’India al Perù, comprese regioni ove la povertà e la violenza generano tanto dolore, Ucraina e Nigeria in particolare.
Ne consegue una splendida ricchezza di esperienze, che dilatano il cuore e la mente dei preti studenti a quella dimensione cattolica, che spinge ad aprirsi, ad “uscire”, come ripete papa Francesco.
Proprio per questo vanno da lui: per continuare ad aprirsi verso sempre nuovi fratelli.