Carissimi amici,
mi rendo conto del molto tempo che è passato senza farvi giungere mie notizie. Non ho molte scuse per giustificare la mia avarizia nello scrivere. Forse si tratta di pigrizia.
Ma è anche vero che non mi dimentico di voi e mi risulta più spontaneo ricordarvi nel silenzio del cuore affidandovi al Signore nella semplicità della preghiera.
Vi racconto le novità di questo periodo che, come quando ci scuotono alcune scosse sismiche (siamo nel paese dei terremoti), è un momento di scossoni e incertezze.
Nel giro di un anno la nostra diocesi di Huacho ha cambiato due volte il suo vescovo.
Dopo la Pasqua del 2003, mons. Lorenzo León Alvarado che ha guidato la nostra diocesi per più di trenta anni si è dimesso per raggiunti limiti d’età (75 anni) ed è arrivato mons. Eduardo Velasquez Tarazona.
Si è inserito molto bene nella nostra chiesa locale, con uno spirito di “pastore” che tutti abbiamo apprezzato. Per poco tempo, purtroppo. Dopo la Pasqua di quest’anno, ci ha lasciato per assumere la diocesi di Huaraz.
Éarrivato, il 25 aprile, mons. Antonio Santarciero, italiano di Roma, della congregazione religiosa degli Oblati di San Giuseppe, proveniente dalla diocesi di Huari.
Con una gran voglia di fare, ha espresso la sua intenzione di portare nella nostra diocesi alcuni sacerdoti e seminaristi della sua congregazione per creare nuove parrocchie dividendo le attuali che sono enormi (come per esempio la nostra di Sayán).
La sua priorità, più vote proclamata, sono le vocazioni sacerdotali.
Mi resta tuttavia un’inquietudine per la nostra chiesa di Huacho.
Con fatica in questi ultimi anni si stà cercando di dare un “volto” alla nostra chiesa, nella fedeltà al Vangelo, ispirandoci al Vaticano II , con uno sguardo attento e profondo alla realtà della vita della nostra gente.
Si tratta di costruire un “progetto pastorale” , e per il momento mi sembra che almeno tra i preti si è arrivati a sentirne e accettarne la necessità, il che non è poco. L’altra novità è che dal mese di aprile vive con me, a servizio della parrocchia di Sayán, il diacono Juan Tapia Fuentes, che sarà ordinato sacerdote a fine anno.
Éun giovane che proviene dalla sierra del sud-andino, Abancay nella regione Apurimac, e si è inserito molto bene nella nostra comunità, e pare che anche la nostra vita comune si è incamminata senza troppe difficoltà. Tutto questo fa nascere in me speranze, attese, ed anche timori per questa chiesa che amo e che cerco di servire.
Riguardo alla situazione del Perù, posso ricordarvi che il paese da tempo vive con molti problemi, noti a tutti: povertà, disoccupazione, insicurezza, corruzione, discriminazioni, ingiustizia, violenza… e la lista potrebbe continuare. Non è solo il Perù ad avere problemi, tutti li abbiamo, è parte della vita. Il fatto è che nella gente si produce come una duplice reazione.
Da una parte c’è rassegnazione.
“Così è il Perù, così sono i peruani, che cosa ci vuoi fare?”.
D’altra parte la pazienza dei poveri sembra terminare con reazioni violente che portano a continue manifestazioni, scioperi, barricate nelle strade, scontri violenti con la polizia, fino all’estremo del linciamento del sindaco di Ilave (Puno) punta estrema di un rifiuto violento che si produce un po’ in tutto il paese verso le autorità corrotte e incapaci.
Non parliamo del presidente Toledo, che nelle statistiche non riesce a superare il 7% di approvazione e nell’attuale governo dimostra insicurezza, incapacità, e l’incoerenza di fare in modo che cresca nello stesso tempo l’economia e la povertà nel Perù.
Siamo in un paese a forte rischio per quanto riguarda i terremoti.
Non è raro restare sorpresi per il vibrare dei vetri delle finestre per qualche lieve scossa tellurica. I
eri, 31 maggio, si ricordava la catastrofe del terremoto del 1970 che causò 67.000 morti, in particolare la tragedia di Yungay, una cittadina andina di 25.000 abitanti tutti morti sepolti con la loro città per la gran massa di ghiaccio staccatasi dal ghiacciaio Huascarán che provocò una valanga di milioni di tonnellate di neve e roccia.
Viviamo nel paese dei terremoti. In tutti i locali pubblici ci sono cartelli con la scritta “Zona Sicura” (in caso di terremoto, mettersi qui).
La vita politica e sociale del paese è un terremoto continuo, si susseguono scosse più o meno devastanti.
Anche la vita della nostra chiesa è tremolante, e non sembra corrispondere a quanto afferma l’inno al Señor de los Milagros: “con paso firme de buen cristiano hagamos grande nuestro Perú”.
Le nostre comunità vanno avanti con passi incerti, a volte sembrano retrocedere, gli avvenimenti e i cambiamenti del paese e del mondo ci sconcertano e non sappiamo per dove andare.
Per questo sentiamo ancora di più la necessità di metterci in “Zona Sicura”, e cioè stare nel Signore, ritornare con più verità e profondità a Lui: “Dio è per noi rifugio e forza, aiuto sempre vicino nelle angosce. Perciò non temiamo se trema la terra, se crollano i monti nel fondo del mare. Dio sta in essa: non potrà vacillare; la soccorrerà Dio, prima del mattino. ” (salmo 46).
Ricordandovi con riconoscenza e affetto, un forte abbraccio.
don Ezio