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Georgiana: la ricerca della paternità perduta

9 Novembre 2004

“vi battezzerà con lo Spirito Santo” ( Mc 1 )

Paolo Crepet è convinto che “non esiste il destino, ma gli appuntamenti”.
L’incontro con Georgiana è stato un appuntamento non programmato da alcun destino.

I primi occhi che hanno incrociato i miei sono stati quelli di Georgiana seduta sui gradini all’ingresso del Centro “Lizoga”.
Sembrava mi aspettasse da tempo.
Occhi neri come la notte dove almeno Dio l’ha pensata per la prima volta.

Forse i miei capelli bianchi le hanno svegliato il desiderio, il bisogno di paternità. Georgiana ha diciotto anni, non ha alcun handicap, di origine zingara.
E’ ospite del Centro perché abbandonata dalla madre per violenze subite da bambina, il padre è morto.

Per legge, dopo il diciottesimo anno, dovrà lasciare l’orfanotrofio, la sua paura – comune a molti giovani nelle sue condizioni – è di rimanere in balia della strada , dei suoi pericoli, tentazioni e tranelli.

Georgiana ha il corpo atletico, fa piccole acrobazie, eccezionale ballerina di musica dances.
Il suo esibizionismo è pari all’attesa di un padre che non c’è più, ma che vorrebbe esistesse. In lei è rimasta la speranza di pensare che qualcuno la pensi.

Gli innamorati, quando sono lontani, non a caso ripetono una sola frase “mi pensi”, i messaggini Sms telefonici, che si inviano in continuazione, sottintendono questo pensare.

Concepire non è solo un atto biologico, ma un pensare e, in un certo senso, immaginare le ali del bene che si librano sulla terra verso l’universo, l’infinito.
Dio prima di creare Adamo ed Eva li ha pensati a sua immagine e somiglianza.

L’essere pensati è la dinamica che fa percepire alla persona di essere viva, importante, attesa non pretesa.
Dopo due giorni di reciproca conoscenza Georgiana si scioglie, chiede abbracci in continuazione, si stringe e i suoi baci di adolescente mi battezzano “tata”, parola rumena che significa papà.

Giochiamo con i ragazzi portatori di handicap al parco Carlo I, ciò che per un ragazzo italiano è una normalità quasi banale per loro è evento straordinario, un ammaraggio sulla lontana e misteriosa luna.

In questo parco, dove Georgiana ha trascorso tutta la sua infanzia, un giorno mi prende le mani e, stringendosi, mi confida “sei tata perché mi hai ridato l’anima”.
Grande commozione in entrambi e formidabile intuizione: ridare, ritrovare, l’anima paterna e materna del popolo rumeno. E’ il senso della preghiera del “Padre nostro”, che parte da una certezza: avere un padre e una madre.