La fede cristiana è davvero agli inizi qui e, anche se si respira un grande entusiasmo, tuttavia ci sono ancora tante contraddizioni e inciampi.
Comunque ogni giorno ci sono motivi per gioire e ringraziare.
La gente poi vive in una situazione sociale ed economica molto difficile: spesso deve lavorare per procurarsi ciò che mangia in giornata.
Questo fa sì che per gli adulti il tempo per il volontariato nella Chiesa rischi di essere pesantemente a scapito della famiglia che si vede privata di un’entrata. I nostri cristiani non sono originari di questa zona.
Per la stragrande maggioranza provengono dal sud da cui sono scappati negli ultimi 20 anni di guerra in cerca di un po’ di sicurezza.
Si sono quindi accampati qui, come in altre grandi città, ai margini dei centri abitati, in zone praticamente desertiche senza acqua né elettricità.
Ancora oggi in moltissime di queste zone l’acqua è portata da asini che tirano un carretto su cui è montato un barile, e l’unico modo per avere corrente è affittarla da alcuni intraprendenti che sono riusciti a comprarsi un generatore.
Ovviamente altre zone più ricche della città hanno questi servizi basilari
Anche per quanto riguarda il lavoro ci sono grandi difficoltà.
Normalmente i cristiani, come gli altri rifugiati, fanno i lavori più umili: le donne e le ragazze lavorano come domestiche nelle case dei più abbienti; nei momenti favorevoli molti si spostano, anche di alcune centinaia di km, per lavorare nei campi sotto padrone, ovviamente con profitti appena sufficienti per andare avanti e in condizioni inimmaginabili secondo i parametri dei nostri sindacati.
Questo comporta anche un arretramento dei giovani nella scuola, alcuni abbandonano prima di terminare le scuole elementare, soprattutto le ragazze: la necessità e il bisogno immediato fanno sì che si rinunci ad un possibile progresso futuro.
Comunque alcuni giovani della nostra parrocchia sono riusciti ad arrivare sino all’università e si sono spostati a Khartoum per proseguire gli studi.