Sono tante le iniziative realizzate dai Padri Oblati Missionari per ricordare i 300 anni di presenza a Rho, a cominciare dalla mostra «Svegliare l’aurora», che ha visto migliaia di visitatori, fino alla visita del 27 settembre a Brusimpiano (Varese), luogo di nascita e di battesimo del fondatore, padre Giorgio Maria Martinelli. «Le cronache ci raccontano che i primi giorni di gennaio del 1715 padre Martinelli arrivò a Rho e iniziò l’attività missionaria», spiega oggi padre Michele Elli, Superiore della comunità che oggi conta 12 oblati professi e alcuni altri sacerdoti presenti, e da pochi giorni Vicario episcopale della Zona VI. Il prossimo evento in calendario è per domenica 20 settembre, festa patronale del Santuario Beata Vergine Addolorata (corso Europa 228, Rho), con la Messa solenne alle 11 presieduta dal cardinale Angelo Scola.
«Saranno presenti le autorità civili, militari e religiose, e padre Francesco Ghidini (prete da 10 anni) farà la solenne professione definitiva per diventare oblato missionario di Rho – racconta il Superiore -. Dopo essersi preparato per cinque anni e aver vissuto con noi, ha deciso di fermarsi definitivamente accogliendo questo ministero. I padri missionari sono preti diocesani che fanno voto di obbedienza al Vescovo, a differenza dei sacerdoti ambrosiani che il giorno dell’ordinazione fanno promessa di obbedienza. Il nostro vero superiore è quindi l’Arcivescovo».
Cosa significa per voi festeggiare tre secoli di storia?
Direi tre aspetti. Innanzitutto ringraziamo Dio per una storia lunga e piena di grazie: per 300 anni, su tutta la Diocesi di Milano (e anche oltre), abbiamo portato la Parola di Dio, soprattutto attraverso l’esperienza delle missioni popolari, che fino a qualche decennio fa si svolgevano a tappeto. Tantissime missioni hanno davvero segnato la storia spirituale della Diocesi. Secondo, festeggiare 300 anni per noi oblati vuol dire ricordare il legame con l’Arcivescovo: il nostro essere preti passa da un rapporto strettissimo con lui, nessuno di noi è “libero professionista” e può fare quello che vuole; c’è quindi un richiamo forte di unità di intenti e di cuore con il nostro Arcivescovo. Dopo 300 anni e di fronte all’individualismo diffuso, è importante per noi riaffermare oggi il carisma con l’oblazione di un giovane. È chiaro che il rapporto del Vescovo non è soltanto formale, ma sostanziale del nostro modo di essere preti. Questo può essere un forte richiamo all’obbedienza bella, serena, matura – secondo le indicazioni del Concilio Vaticano II – anche per tutti i preti della Diocesi.
E il terzo?
Dobbiamo adeguare molto il nostro carisma a forme nuove di annuncio. Dopo 300 anni il mondo è completamente cambiato e questo ci pone di fronte alle sfide della nuova evangelizzazione che, per quanto possibile, stiamo accogliendo anche domandandoci che cosa significa oggi essere missionari nella nostra Diocesi e cosa significa che alcuni preti vivono questo particolare carisma e sensibilità missionaria non in Africa, ma qui da noi.
Quali sono gli aspetti fondamentali della vostra spiritualità?
La spiritualità è legata all’obbedienza, al forte legame con il Vescovo e alla disponibilità a questo rapporto sostanziale di fecondità nel nostro ministero. Secondo: la predicazione della Parola di Dio con il grande apporto e aiuto che ci ha dato il cardinale Martini; siamo stati infatti compartecipi della nascita in Diocesi dei gruppi di ascolto della Parola e che oggi sono migliaia, li abbiamo seguiti allora e ne seguiamo ancora oggi. È la traduzione della lectio divina che negli ultimi 30 anni abbiamo fatto diventare metodo popolare. Infine c’è il campo dell’accompagnamento spirituale, con le confessioni e le predicazione in Santuario. Curiamo da vicino l’aspetto spirituale del popolo di Dio, ma anche dei preti e delle suore con la predicazione degli esercizi spirituali.