1. La donna che aveva custodito il Figlio di Dio…
La donna che aveva custodito il Figlio di Gesù, la giovane donna di Nazareth di Galilea, adesso deve essere custodita.
La donna che aveva accolto il mistero del Verbo fatto carne e gli ha dato casa e affetto, adesso deve essere accolta e ricevere casa e affetto.
La donna che si era presa cura della festa di nozze in Cana di Galilea e segnalato che il vino era finito, adesso ha bisogno che qualcuno si prenda cura di lei.
E il discepolo la prese con sé.
La prima attenzione che Gesù chiede al discepolo nel momento estremo, nel consegnarsi al compimento della sua missione è che il discepolo accolga presso di sé su madre, Maria.
È naturale: i giovani diventano vecchi e hanno bisogno di cura, i figli diventano grandi e sono in grado di curarsi dei loro genitori.
Ma in questa scena della crocifissione c’è un segno più profondo e originale del prendersi cura che Gesù raccomanda al discepolo amato. La parola di Gesù stabilisce un legame che non è secondo la carne e il sangue, ma è secondo la sua parola che chiede l’obbedienza della fede.
È quello che si pratica ogni giorno qui al Golgi Redaelli: il personale si prende cura di persone con le quali non c’è un legame di parentela.
Questo prendersi cura può essere vissuto come un mestiere: per procurarmi da vivere, per guadagnarmi uno stipendio, ho trovato lavoro qui e qui sono. Per questo mi prendo cura degli ospiti, per guadagnarmi uno stipendio.
Questo prendersi cura può essere vissuto come una professione: ho studiato, mi sono preparato, ho conseguito un diploma e faccio il mio mestiere, incremento la mia competenza, metto a frutto i miei talenti. Per questo mi prendo cura degli ospiti, per sviluppare le mie competenze.
Questo prendersi cura può essere vissuto come una obbedienza a Gesù: sono discepolo di Gesù e vivo secondo la sua parola. Il mio prendermi cura è certo anche un mestiere che mi dà da vivere, è certo una professione che mette a frutto le mie competenze, ma è piuttosto un modo di concepire la vita, è piuttosto un atto di fede, è obbedienza al comando di Gesù.
Dunque in primo luogo non c’è lo stipendio, in primo luogo non c’è la professione e la specializzazione. In primo luogo decide la mia giornata l’ascolto della parola di Gesù e la mia fede in lui. Decido la mia vita obbedendo alla parola di Gesù.
Forse il discepolo farà le stesse cose del dipendente che lavora per lo stipendio, forse il discepolo farà le stesse cose dello specialista che lavora per incrementare la sua competenza. Ma il discepolo nel “fare le cose” vive in realtà la relazione con Gesù.
2. La donna e il discepolo amato.
Con la parola di Gesù comincia quindi una storia nuova.
È il racconto di una condanna a morte eseguita con crudeltà, ma il vangelo ne parla come di un inizio: per la Madre, per il discepolo amato comincia una storia nuova, una comunità secondo la parola di Gesù.
La Madre non è solo la donna di Nazareth, ma è la figlia di Sion, è il popolo dell’alleanza, è la comunità dei giusti di Israele: di questa donna si dice che genera il futuro: “ecco tuo figlio!”.
Il discepolo amato non è solo un uomo, non è solo Giovanni, ma è l’uomo nuovo, è la giovinezza del mondo, è il servo obbediente che riempie di vita, di fede, di speranza la sua casa: da quell’ora il discepolo la prese con sé.
La scena del calvario parla dunque della Chiesa, e chiede alla Madre e al discepolo amato di prendersi cura del passato e del futuro, della tradizione e della novità cristiana, delle sicurezze e delle inquietudini.
In quell’ora, si potrebbe dire, nasce la Chiesa e da quell’ora la Chiesa di tutti i tempi e di tutti i luoghi riceve il criterio per il giudizio.
Quali sono i tratti di questa vita nuova che inizia?
In primo luogo c’è lo sguardo e la parola di Gesù: Gesù, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse …
La chiesa nasce dalla parola di Gesù, vive sotto lo sguardo di Gesù e ascolta la parola di Gesù, non come un libro già letto, ma come la rivelazione della volontà di Gesù, che interpella personalmente la madre e il discepolo.
In secondo luogo c’è l’obbedienza. La madre e il discepolo amato ascoltano la parola di Gesù e la mettono in pratica. Questa obbedienza silenziosa e immediata dice di una libertà dell’animo che si rende disponibile. Non valuta se convenga, non agisce secondo una simpatia umana, non discute e non protesta: in quell’ora si decide e obbedisce.
In terzo luogo nasce una casa in cui vivono in una nuova relazione. La Chiesa non è una tradizione, è una obbedienza; non è una istituzione, è una relazione; non è un impegno per fare qualche cosa, ma una comunione, una vita da condividere.
Questi tratti rivelati nel vangelo interrogano tutti:
- Sull’ascolto della parola;
- Sulla libertà dell’obbedienza;
- Sulla forma della relazione.