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Riconoscimento

Ambrosianeum, tra storia e sguardo ai giovani

La Fondazione è tra i destinatari dell’Ambrogino d’oro. Il presidente Marco Garzonio: «Il nostro dna è l’ambrosianità del suo dna, nel senso dell’attenzione per la città e per la spiritualità. E ora puntiamo a raggiungere le nuove generazioni»

di Francesca LOZITO

29 Novembre 2015

L’intuizione di tre grandi figure storiche della città. Quell’eredità e uno sguardo oggi proiettato sul futuro. Quest’anno la Fondazione Ambrosianeum è tra i destinatari della civica benemerenza milanese, l’Ambrogino d’oro.

Il presidente, Marco Garzonio è ovviamente contento: «Nel 1946 tre grandi uomini, il cardinale Schuster, Giuseppe Lazzati e Giovanni Falck ritennero che Milano, uscita con la guerra dalla barbarie nazifascista, doveva essere ricostruita a livello non solo materiale, ma anche etico». Nello stesso anno, sempre a Milano, nacquero altre istituzioni fondamentali come la Caritas: un periodo di grande fermento, insomma. L’Ambrosianeum era anche un circolo: Falck tornava da Roma, dove nel frattempo era diventato senatore e raccontava che cosa era accaduto durante la settimana nella capitale. «Oggi è mutata la situazione storica – ammette Garzonio -, ma non l’esigenza: dopo la crisi siamo sulla via della ripresa, occorre consolidare e rilanciare tutta la parte etica, spirituale, di costruzione di progetti per l’uomo. Vedo andare proprio in questa direzione il riconoscimento che ci viene attribuito».

Sono tanti i fronti su cui è impegnata Ambrosianeum, ma uno è il filo conduttore: l’incontro tra la dimensione civile e quella spirituale. Continua Garzonio: «Da 25 anni pubblichiamo un Rapporto sulla città che è un monitoraggio continuo sulle trasformazioni culturali. In questi ultimi anni, inoltre, stiamo portando avanti un progetto per una cultura del cambiamento, della responsabilità e dell’innovazione».

Ambrosianeum lavora in sinergia con molti soggetti, come l’Università per il Rapporto sulla città e la Fondazione Mattarelli per gli incontri sulla salute. E poi i momenti di scambio e incontro con ebrei e musulmani, l’imminente incontro sulla Nostra Aetate a cinquant’anni dalla pubblicazione. E, ancora, il lavoro di “squadra” con le fondazioni cristiane, i corsi biblici con monsignor Giovanni Giavini e don Matteo Crimella. La Fondazione di via delle Ore è importante anche dal punto di vista artistico («in questi giorni siamo entrati nel piano del Fai tra le sedi storiche di rilievo») e l’1 dicembre ospiterà il concerto di Natale con la Verdi. «Insomma, c’è tutto un fermento di collaborazione con le forze più disparate», dice ancora Garzonio.

Nel nome della Fondazione c’è tutta l’ambrosianità del suo dna: «Se pensiamo alla storia delle figure più importanti di Milano, Sant’Ambrogio (alto magistrato dell’impero romano, vescovo in età matura, faro nella realtà occidentale), San Carlo (punto di riferimento non solo per i cattolici, ma per tutti durante le pesti) e poi il cardinale Schuster (a cui, al di là delle polemiche di questi anni, oggi si riconosce che abbia negoziato con i tedeschi perché non distruggessero le fabbriche), allora comprendiamo cosa vuol dire essere ambrosiani: avere un’attenzione per la città e per la spiritualità, per la componente laica e quella religiosa, politica e spirituale. Le due cose sono strettamente unite».

La volontà della Fondazione è quella di andare incontro alle giovani generazioni: « Si tratta di un pubblico difficile da raggiungere – spiega ancora Garzonio -. Ma è uno dei nostri obiettivi. Stiamo lavorando con un gruppo impegnato nel sociale per trovare canali, modi e opportunità per allargare i contesti per attrarre i ragazzi».