Marco Garzonio è stato confermato presidente dell’Ambrosianeum, insieme ai due vicepresidenti Federico Falck e Adriano Propersi, e al tesoriere Carlo Sironi. Il Comitato permanente della Fondazione ha anche cooptato alcune figure di spicco dell’Università, delle professioni, della cultura, della Chiesa. New entry sono: Mauro Magatti, Giorgio Vecchio, Giorgio Lambertenghi, Alessandro Nitti, il vicario generale della Diocesi Mario Delpini e il preside della Facoltà Teologica monsignor Pierangelo Sequeri. La presenza femminile s’è arricchita con l’ingresso di Sissa Caccia Dominioni e Maria Pia Garavaglia, che vanno ad aggiungersi in Comitato a Margherita Lazzati. Quanto ai “vecchi”, sono stati confermati tra gli altri, Giampio Bracchi, Vincenzo Cesareo, Lanfranco Senn, Giuseppe Vigorelli.
Il Comitato ha fatto propria la relazione del presidente Garzonio, in cui vengono tracciate le linee di indirizzo: «Per una cultura del cambiamento, della responsabilità, dell’innovazione». Il documento afferma che la fase storica attuale è «assimilabile a quella dell’immediato dopoguerra» quando l’Ambrosianeum fu fondato per contribuire alla ricostruzione morale e civile, oltreché economica di Milano e del Paese. «Adesso come allora – scrive Garzonio – è indispensabile cercare nuovi percorsi per il mondo della politica, del lavoro, del welfare, dell’impresa, della Chiesa».
Ruolo dell’Ambrosianeum è offrire un supporto culturale a chi «ha il compito di cambiare il Paese». Ci vorrà una stagione in cui «si pensi, si studi, si abbia coraggio, ci si rimbocchi le maniche senza aspettare che sia qualcun altro a prendere l’iniziativa», ha precisato Garzonio. Insomma, bisogna «costruire quello che ancora non riusciamo del tutto a immaginare». Sarà importante – dice ancora il documento – muoversi in direzioni precise, quali: «Sviluppare una cultura del “rischio responsabile”, che coinvolga i cittadini, le imprese, i sindacati, gli operatori culturali; una «nuova “cultura del lavoro”, del welfare, della solidarietà, dei legami sociali, delle autonomie, della rappresentanza»; una «”cultura del dono”, del servizio, della gratuità, autentica alternativa a quella dello scambio o del tornaconto individuale e delle appartenenze», in quanto la «cultura del do ut des è degenerativa, sta alla base di quella piaga umana e sociale prima che economica che è la corruzione»; una «”cultura del merito” che premi e incoraggi», base di una «cultura dell’eguaglianza che sia reale, non ideologica», e una «cultura dell’educare». Obiettivi ambiziosi, ha concluso Garzonio, perseguibili se ci si eserciterà «ogni giorno in una “cultura della coerenza personale”, del rispetto per sé e per gli altri, delle regole da condividere e di un bene comune cui contribuire incominciando a pagare le tasse», per giungere a una «cultura della cittadinanza attiva e responsabile».