L’evento della Gmg così come lo stiamo vivendo noi milanesi a Rio de Janeiro è straordinario.
Non si finirà mai di elencare tutti gli aspetti che qui a Rio meritano questo attributo “straordinario”: la cordialità dell’accoglienza delle comunità e delle famiglie brasiliane, la cura e la disponibilità che i nostri giovani manifestano gli uni per gli altri, senza mai lamentarsi (almeno finora!) della stanchezza e di qualche inevitabile disguido, il numero dei Paesi e dei giovani presenti, la premurosa attenzione di preti, suore, responsabili dei gruppi, lo spettacolo naturale e sociale di questo paese, le devozioni di questa Chiesa e il suo modo di esprimersi. Insomma non si finirebbe mai.
Ma che significa straordinario?
C’è, in questo aggettivo, una ambiguità che dà da pensare.
Straordinario, infatti, può significare anche solo una esperienza fuori dall’ordinario, quindi un momento, bello finché si vuole, ma richiuso in una parentesi che ne decreta l’inevitabile precarietà. Tra qualche giorno la parentesi si chiude e torniamo all’ordinario, le cose solite e la solita vita, un po’ noiosa, un po’ frustrante.
Straordinario, invece, può anche significare una rivelazione: inattesa e provocatoria, impegnativa e liberante, insomma una rivelazione che diventa una vocazione.
Qual è il segreto per vivere lo straordinario come una rivelazione?
Spero che i giovani milanesi presenti qui a Rio lo possano confidare a noi e agli altri giovani quando saremo di ritorno.